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«Magic Words»: il potere delle parole
Cosa puoi ottenere con la parola «perché», come puoi influenzare la controparte con le domande giuste e come puoi convincere tuo figlio a mettere in ordine: l'autore di bestseller Jonah Berger spiega questo e altro nel suo libro «Magic Words».
Oltre dieci anni di ricerche sull'effetto delle parole sintetizzati in poco meno di 220 pagine: Jonah Berger, autore di bestseller del New York Times e professore di marketing, condivide i risultati principali dei suoi studi nel libro «Magic Words». Il risultato è entusiasmante, a volte basta cambiare una sola parola per ottenere ciò che vuoi.
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Dal potere persuasivo alla creazione di relazioni forti, dalla promozione della creatività alla motivazione dei gruppi di lavoro, le scoperte di Berger forniscono indicazioni su come le parole possano essere la chiave di un maggiore successo in vari ambiti della vita.
La scelta delle parole determina il risultato
Ognuno di noi usa in media 16 000 parole al giorno. Da una parte passiamo molto tempo a pensare alle idee che vogliamo trasmettere, dall'altra pensiamo troppo poco alle parole che usiamo per comunicarle. Un grosso errore secondo Berger: piccoli cambiamenti nella scelta delle parole possono avere un impatto immenso sul risultato della nostra comunicazione.
In questo Google Talk puoi ascoltare la spiegazione data personalmente dall'autore ai messaggi chiave del suo libro.
Il libro si suddivide in sei capitoli dedicati a specifiche parole o gruppi di parole che possono influenzare i propri pensieri e le proprie azioni così come quelle degli altri. Ogni capitolo si conclude con una sezione intitolata «Making Magic», in cui Berger riassume le informazioni più importanti. Di seguito ti presento alcune sue sintesi.
Trasforma le azioni in identità
Il primo capitolo riguarda l'attivazione dell'identità e della capacità di agire dell'altro. Cosa significa? Se presenti un'azione come un'opportunità per confermare un'identità desiderata, è più probabile che si riesca a persuadere l'altra persona a fare qualcosa.
Lo dimostra il seguente esperimento su come incentivare i bambini in età prescolare a riordinare: a una parte di loro è stato semplicemente chiesto se potevano aiutare a riordinare. All'altra parte invece la domanda è stata leggermente modificata: «Puoi essere un aiutante?» e già un terzo dei bambini si è dimostrato più propenso ad aiutare a riordinare. La domanda evidenzia un'identità desiderabile a cui i bambini reagiscono.
Gli studi fatti sulle elezioni mostrano lo stesso effetto: chiedendo a una persona di essere «elettore/elettrice» invece di «andare a votare», l'affluenza alle urne è aumentata del 15 percento.
Il potere del pensiero
Secondo Berger, anche questi due piccoli cambiamenti linguistici possono aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi.
- Sostituisci «non posso fare» con «non lo faccio». Dicendoti per esempio «non mangio dolci» piuttosto che «non posso mangiare dolci» ti incoraggi nella tua intenzione e avrai più probabilità di realizzarla.
- Sostituisci «dovrei» con «potrei». Se devi risolvere un problema, penserai in modo più creativo e aperto se ti chiedi «cosa potrei fare» invece di «cosa dovrei fare». Quest'ultima implica l'esistenza di un'unica soluzione corretta. La prima domanda invece conduce a un pensiero più libero e aiuta a uscire da un vicolo cieco mentale.
Cosa può fare una singola parola
Un esempio impressionante di come una singola parola possa cambiare le decisioni delle persone, lo descrive Bergen sulla parola «perché». Si tratta di un esperimento condotto negli anni '70 all'Università di Harvard, in cui i ricercatori e le ricercatrici volevano scoprire come influenzare la persuasione.
A tal fine, hanno casualmente scelto i soggetti del test aspettandoli alla fotocopiatrice in biblioteca. Quando qualcuno voleva fare una fotocopia, un membro del team di ricerca lo avvicinava e chiedeva la precedenza. Con un gruppo usavano la semplice domanda: «scusa, ho cinque pagine, posso usare la fotocopiatrice?» e confrontavano le reazioni di un altro gruppo alla stessa domanda con tanto di spiegazione «perché vado di fretta.». Il risultato: alla domanda con spiegazione, il 50 percento in più degli intervistati era disposto a dare la precedenza.
La parola determinante: «perché»
Fin qui, niente di sorprendente. Tuttavia, il gruppo di ricerca ha testato una terza variante. Di nuovo la domanda prevedeva un «perché», senza però fornire una ragione significativa: «scusa, ho cinque pagine, posso usare la fotocopiatrice perché devo fare delle copie?». Seppur la ragione in sé fosse meno importante o urgente, anche questa domanda incentivava una maggiore disponibilità a lasciare la precedenza alla persona che poneva la domanda. La differenza decisiva è nell'utilizzo della parola «perché», anche senza una ragione significativa.
Porre le domande giuste
Nel terzo capitolo, Berger abolisce la frase usata più frequentemente: non esistono domande stupide. Secondo le sue scoperte, ci sono domande migliori e peggiori. Per porre le domande migliori al momento più opportuno fornisce addirittura una guida:
- Chiedere consiglio ti fornisce una migliore comprensione dell'argomento e ti fa apparire più brillante.
- Fare domande mostra il tuo interesse e desiderio di saperne di più.
- Porre delle controdomande ti aiuta a superare le difficoltà. Inoltre, ti permette di condurre la conversazione e mostrare interesse senza rivelare troppe informazioni personali.
- Evita le insinuazioni quando cerchi di convincere qualcuno a segnalare qualcosa di negativo.
- Inizia con cautela e poi espandi il discorso.
Vuoi saperne di più? Ascolta l'intervento di Jonathan Berger che spiega i punti in dettaglio. Per avere maggiori informazioni, scoprire risultati di studi interessanti e trucchi linguistici, ti consiglio di leggere il suo libro.
Immagine di copertina: Anna SandnerA 30 persone piace questo articolo
Redattrice scientifica e biologa. Amo gli animali e sono affascinata dalle piante, dalle loro capacità e da tutto ciò che si può fare con loro. Ecco perché il mio posto preferito è sempre all'aperto, in mezzo alla natura, preferibilmente nel mio giardino selvaggio.