

Te li ricordi? I mattoncini Kapla
Mi hanno ispirato, coniato e anche frustrato. Ah, i giocattoli della mia infanzia. Tra questi c’erano anche i mattoncini Kapla.
Riuscirò a metterne ancora uno? Ce ne starà un altro qui sopra? «Clic, clac, patatrac!» Ed ecco crollare tutto sotto le mie dita. Due ore di lavoro gettate al vento. E io? Felice come una Pasqua. Fa tutto parte dell'esperienza Kapla.
Avrò avuto quattro o cinque anni circa, quando ho iniziato a intrattenermi con i mattoncini Kapla. Ero ancora piccolo e con una scarsa coordinazione occhio-mano quando mi cimentavo con le mie prime costruzioni sul pavimento del soggiorno. Erano tutt'altro che capolavori architettonici. All’inizio, sfornavo soprattutto garage mezzi storti per le mie macchinine.
Poi, un anno dopo circa, andai a far visita alla mia madrina, che all'epoca aveva un'intera scatola di diverse migliaia di mattoncini Kapla. Da lei imparai che oltre a costruire muri pericolanti, con i Kapla potevo anche creare vere e proprie opere d'arte originali. La mia coordinazione occhio-mano, nel frattempo, era un po' migliorata, ma la mia comprensione della statica era ancora alquanto scarsa. Alla fine, cadeva tutto a pezzi.
A un certo punto ricevetti per il mio compleanno due grandi sacchi di tela pieni di mattoncini Kapla. Erano così pesanti che riuscivo a malapena a spostarli quando erano pieni. Non so quanti mattoncini fossero in tutto, ma ce n'erano abbastanza per realizzare tutte le mie idee. Costruivo di tutto e di più: torri, ponti, castelli, cupole. Le costruzioni diventavano sempre più insolite e rischiose. Potevo passare ore o addirittura giorni a costruirle, ma c'era una cosa che mi piaceva sempre di più: guardarle tutte cadere a terra alla fine. Anche se non avevo mai sentito parlare di fisica all'epoca, e tanto meno di Isaac Newton, attraverso i miei esperimenti imparai gli elementi di base della meccanica classica.
Oggi non sono né un architetto né un ingegnere che calcola la statica di enormi edifici. Eppure, questo spirito di sperimentazione pratica è rimasto dentro di me. Sia a scuola, che durante gli studi universitari, ma anche sul lavoro, l’apprendimento teorico non fa per me: devo provare, fallire e riprovare. Ed è proprio tramite il fare che l'inventore di Kapla è arrivato all'idea dei piccoli mattoncini.
L'antiquario e il suo castello
La storia di Kapla inizia alla fine degli anni Sessanta, quando Tom van der Bruggen si reca nel sud della Francia. Oltre che del clima submediterraneo-atlantico, l'antiquario olandese si innamora di un rudere di una vecchia fattoria. Si pone dunque l'obiettivo di ricostruirla e di trasformarla in un castello.
Tornato a casa, van der Bruggen esegue un modello del suo progetto di costruzione. Ma poiché i mattoncini dell'epoca sono troppo grossolani per visualizzare un modello realistico, decide di crearne dei nuovi. Ed è così che nasce la forma originale dei Kapla. Un acronimo di «KAbouter PLAnkjes», che in italiano significa «legnetti degli gnomi».

Fonte: kapla.com
I Kapla sono realizzati in pino marittimo naturale e non trattato. Come alle origini dell'azienda, il legno utilizzato proviene tutt’oggi dal sud della Francia. Più precisamente, dal più grande bosco contiguo dell'Europa occidentale, la forêt des Landes de Gascogne. Nel processo di fabbricazione dei mattoncini Kapla, il legno viene tagliato con una precisione di un decimo di millimetro. Le proporzioni di lunghezza, larghezza e altezza sono 15 x 3 x 1. Se, ad esempio, disponi 15 mattoncini uno sopra l'altro, avrai la stessa altezza della lunghezza di un mattoncino.
Il record: 18,76 metri di altezza
Nel corso degli anni, diverse persone hanno tentato più volte di costruire la torre Kapla più alta del mondo. Il record attuale risale al giugno 2021, quando quattro scout francesi di Grenoble ne hanno costruito una. Dopo mesi di preparazione, in quattro giorni hanno eretto una torre alta 18,76 metri, composta da 11 200 mattoncini Kapla. Non hanno raggiunto i 21 metri a cui miravano, ma hanno comunque stabilito un nuovo record mondiale.
Nella mia infanzia, non ho mai avuto l'ambizione di battere un record mondiale, ma c’è una cosa che mi accomuna a questi scout: il punto culminante della loro opera è stato quello di far crollare la torre alla fine.
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Andare in moto mi fa sentire libero, pescare lascia uscire il mio lato da cacciatore e dietro la fotocamera libero la mia creatività. Mi guadagno da vivere gingillando con i giocattoli da mattina a sera.