7680 × 2160 pixel in 57 pollici: ho provato l’Odyssey Neo G9 di Samsung
Test del prodotto

7680 × 2160 pixel in 57 pollici: ho provato l’Odyssey Neo G9 di Samsung

Samuel Buchmann
9/10/2023
Traduzione: Martina Russo

Di solito è difficile trovare schermi con una superficie estesa e un’alta densità di pixel. Al nuovo monitor da 57 pollici di Samsung la combinazione è riuscita. Si tratta di un’accoppiata vincente, con pochi punti deboli e una gran fame di hardware.

Un monitor da 57 pollici di diagonale: alla Samsung sono diventati megalomani. Il nuovo Odyssey Neo G9 è il più grande display widescreen attualmente in commercio. È anche il primo dispositivo con una doppia risoluzione UHD, ovvero 7680 × 2160 pixel.

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7680 x 2160 pixel, 57"

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Con un rapporto d’aspetto di 32:9, questo nuovo monitor gigante mi sembra più pratico dell’Odyssey Ark da 55 pollici in formato 16:9 che ho provato l’anno scorso. Proprio come l’Ark, il Neo G9 è dotato di retroilluminazione a mini LED e di local dimming. Ecco una panoramica delle principali specifiche:

  • 57 pollici, curvatura 1000R
  • 7680 × 2160 pixel, densità di pixel 140 ppi
  • retroilluminazione a mini LED, 2392 zone di oscuramento
  • HDR10+, di luminosità di picco HDR: 1000 nit
  • frequenza di fotogrammi: 240 hz
  • tempo di risposta da grigio a grigio: 1 ms
  • FreeSync Premium Pro
  • DisplayPort 2.1, HDMI 2.1

Sembra tutto molto promettente. Gli schermi come il Neo G9 sono il futuro? Oltre a questi valori impressionanti, è in grado di offrire una qualità d’immagine altrettanto convincente? Ho collocato il gigante sulla mia scrivania.

Design e connessioni: si è risparmiato sulle cose sbagliate

Il mio test inizia con una delusione: come molti schermi Samsung, nell’Odyssey Neo G9 la stabilità e la qualità di lavorazione sono appena sopra la sufficienza. Il piedistallo a forma di V distribuisce bene il peso sul tavolo. Ma il case e la colonna di sostegno non danno affatto l’impressione di solidità che mi sarei aspettato in questa fascia di prezzo. Se urto il tavolo, lo schermo oscilla un po’ troppo a lungo. Probabilmente la colpa è della colonna di sostegno troppo sottile e delle cerniere di fissaggio del monitor, non abbastanza stabili. Il monitor pesa 15,4 chili. Se aggiungiamo anche il piedistallo arriviamo a 19.

Non mi convincono né i materiali usati da Samsung né la lavorazione del Neo G9.
Non mi convincono né i materiali usati da Samsung né la lavorazione del Neo G9.
Fonte: Samuel Buchmann

Se la tua scrivania non è abbastanza stabile, è probabile che il Neo G9 oscilli anche quando digiti. Sulla mia, che è di rovere massiccio e ha la struttura in acciaio, resta abbastanza fermo. Ti suggerisco, cara Samsung, di chiedere anche 100 franchi in più per i tuoi schermi, ma di usare dei materiali migliori. Questo vale anche per il retro, che è in plastica bianca lucida. Il suo aspetto dozzinale non mi sembra adatto a un dispositivo di fascia alta.

La plastica lucida non mi piace mai. Non mi piace nelle automobili, non mi piace nei monitor. Nemmeno bianca.
La plastica lucida non mi piace mai. Non mi piace nelle automobili, non mi piace nei monitor. Nemmeno bianca.
Fonte: Samuel Buchmann

Per fortuna il frontale si presenta un po’ meglio. In questo caso il sottile piedistallo fa sembrare il monitor meno ingombrante di quanto non sia. Una sensazione confermata anche dai bordi stretti del display. A un primo sguardo, l’estetica del Neo G9 mi piace subito. Posso regolarlo in altezza, inclinarlo e ruotarlo leggermente. Mi piace anche il fatto che Samsung, diversamente dall’Odyssey OLED G9, ha l’alimentatore integrato nel dispositivo. In questo modo non ti serve spazio extra per un blocco di alimentazione esterno.

Ti consiglio però di usare una scrivania bella grande, che abbia quindi una larghezza e una profondità sufficienti. Il Neo G9 misura 1,33 metri da sinistra a destra. Tra il punto più arretrato del piedistallo e il bordo centrale anteriore del display ci sono 25 centimetri. Per riuscire a vederlo comodamente, la tua scrivania dev’essere profonda almeno un metro. Se devi posizionare anche gli altoparlanti, ti serve una larghezza di almeno 1,8 metri.

La mia scrivania è 170 × 90 cm: se fosse anche un pelo più grande sarebbe meglio.
La mia scrivania è 170 × 90 cm: se fosse anche un pelo più grande sarebbe meglio.
Fonte: Samuel Buchmann

Trovo un po’ singolare la scelta delle connessioni per il segnale video. Il monitor è dotato di una singola DisplayPort 2.1 e di tre HDMI 2.1. Devo ancora capire perché gliene servano così tante, ma fa niente. Mi manca però l’USB-C. Un’assenza che si fa notare e che limita la sua compatibilità con i Mac. Ma di questo parlo più sotto.

Qualità dell’immagine: al momento è il top

Ma ora basta guardare ai lati negativi. In quello che è l’ambito più importante, ovvero la qualità dell’immagine, il Samsung Odyssey Neo G9 non sbaglia quasi nulla. Nel suo prodotto di punta Samsung inserisce praticamente tutta la tecnologia attualmente disponibile e dimostra perché, nella maggior parte dei casi, un pannello a mini LED ben realizzato è più adatto ai monitor rispetto all’OLED.

Luminosità e contrasto: approvati

La retroilluminazione a mini LED del Neo G9 diventa luminosa. Molto luminosa. Samsung dichiara 420 nit, ma in modalità SDR full frame ho rilevato non meno di 795 nit. Una luminosità sufficiente per vedere bene anche di giorno, se ti trovi di fianco a una grande finestra.

Le ottime prestazioni in presenza di molta luce ambientale sono merito anche dell’eccellente rivestimento opaco antiriflesso. Ho capito quanto sia importante la sua qualità perché nella stessa postazione di lavoro ho avuto davanti a me un monitor 6K di Dell. Quando lo usavo durante il giorno, nelle aree d’immagine scure, vedevo soprattutto me stesso o la parete bianca alle mie spalle. Una cosa che non succede con il Neo G9. Qui il nero resta nero.

I quasi 800 nit sono più che sufficienti anche in ambienti luminosi.
I quasi 800 nit sono più che sufficienti anche in ambienti luminosi.
Fonte: Samuel Buchmann

Sia di giorno che di sera. Grazie a 2392 zone di oscuramento, il gigante di Samsung è in grado di controllare la luminosità a livello locale. Questo favorisce, da un lato, un buon contrasto. E nel contempo le aree scure dell’immagine non appaiono sbiadite anche in condizioni di scarsa illuminazione ambientale. Solo quando spengo del tutto le luci nella mia stanza, in corrispondenza dei bordi a forte contrasto noto un certo effetto blooming. In questa situazione, i pannelli OLED sono sempre i migliori, perché possono disattivare ogni pixel separatamente. Ma in compenso sull’intero schermo risultano molto meno luminosi di quelli con mini LED.

Con un’immagine di prova posso creare un leggero effetto blooming, che però è quasi invisibile nell’uso quotidiano. Questa foto mostra una piccola sezione dell’area dell’immagine. Nella realtà la croce è larga circa 15 cm.
Con un’immagine di prova posso creare un leggero effetto blooming, che però è quasi invisibile nell’uso quotidiano. Questa foto mostra una piccola sezione dell’area dell’immagine. Nella realtà la croce è larga circa 15 cm.
Fonte: Samuel Buchmann

Colori: buoni per uno schermo da gaming

Trovo invece peggiori rispetto agli OLED gli angoli visuale del pannello VA utilizzato da Samsung per il Neo G9. Se osservo lo schermo di lato, noto variazioni di colore e il contrasto diminuisce rapidamente. Per impedire questo fenomeno, devo tenere lo sguardo il più possibile perpendicolare al monitor. Infatti la curvatura di 1000R non è un capriccio, bensì assolutamente necessaria in considerazione delle dimensioni dello schermo. 1000R significa che lo schermo costituisce la sezione di un cerchio con un raggio di 1000 millimetri, ovvero di un metro. Idealmente, anche la tua distanza visiva dovrebbe essere della stessa portata.

Preferirei una curvatura meno marcata. Ma con il pannello VA, i 1000R hanno un senso.
Preferirei una curvatura meno marcata. Ma con il pannello VA, i 1000R hanno un senso.
Fonte: Samuel Buchmann

Nella giusta posizione di seduta, i colori risultano molto buoni per uno schermo da gaming. Sono leggermente sovrasaturi nell’impostazione di fabbrica, ma si possono modificare facilmente le impostazioni. Lo schermo vira anche leggermente verso il verde e la curva di contrasto è troppo aggressiva. Tutto questo risulta in un Black Crush, ovvero una perdita di dettagli nelle aree scure dell’immagine. Nei giochi non si nota, mentre nei film si vede un po’ di più. Se invece voglio modificare una foto sul Neo G9, diventa difficile con l’impostazione standard. Nelle impostazioni Samsung offre un «Black Equalizer» che io aumento di tre gradi. Le cose migliorano un po’, ma non sono del tutto soddisfatto.

Se invece registro il Neo G9 con il Calibrite i1Display si evidenziano i punti deboli.

L’Odyssey Neo G9 (a colori) non copre abbastanza bene lo spazio AdobeRGB (in grigio) per un uso professionale.
L’Odyssey Neo G9 (a colori) non copre abbastanza bene lo spazio AdobeRGB (in grigio) per un uso professionale.
Fonte: Samuel Buchmann

L’esemplare in prova ha un’illuminazione media. La differenza di luminosità maggiore tra il centro e gli angoli è di poco inferiore al dieci percento. Dove ci sono grandi superfici monocromatiche è evidente anche un «effetto schermo sporco», che è quella reazione che si verifica quando non tutte le zone della retroilluminazione hanno la stessa luminosità. Ne risulta, appunto, un’immagine che sembra «sporca». Per fortuna nel Neo G9 l’effetto è così lieve che nell’uso quotidiano non lo noto.

L’illuminazione del dispositivo del test non è perfettamente omogenea, ma la cosa non disturba più di tanto se non nelle applicazioni grafiche professionali. Lo stesso vale per l’effetto schermo sporco, che si nota facilmente se si guarda con attenzione.
L’illuminazione del dispositivo del test non è perfettamente omogenea, ma la cosa non disturba più di tanto se non nelle applicazioni grafiche professionali. Lo stesso vale per l’effetto schermo sporco, che si nota facilmente se si guarda con attenzione.
Fonte: Samuel Buchmann

Nitidezza: il punto cruciale della risoluzione

Una delle caratteristiche più vantate del gigante di Samsung è l’alta risoluzione. Si tratta di 7680 × 2160 pixel, detta anche «8K2K» o «dual UHD». L’ultima sigla si riferisce al fatto che corrisponderebbe a due schermi UHD affiancati – nel caso del Neo G9 da 57 pollici, a due schermi da 32 pollici. La densità è 140 pixel per pollice (ppi). È un valore elevato per uno schermo di queste dimensioni, che si traduce in immagini nitide e dettagliate. Nella modalità ufficio, i testi appaiono molto chiari.

Ma l’alta risoluzione pone un doppio problema: innanzi tutto la tua scheda grafica dev’essere in grado di calcolare un sacco di pixel con sufficiente rapidità, poi deve inviarli al monitor con una frequenza di fotogrammi sufficientemente alta. Due cose non proprio semplicissime.

Partiamo dalla trasmissione dei dati. Il Neo G9 ha una frequenza di fotogrammi massima molto elevata, pari a 240 hertz. Perché la risoluzione del dual UHD arrivi a questa frequenza, sia il monitor che la scheda grafica devono supportare la DisplayPort 2.1. Il Neo G9 lo fa, la maggior parte delle GPU no. Solo la serie Radeon RX 7000 di AMD ha questa connessione. Nvidia non ce l’ha nemmeno sull’RTX 4090. Con questa puoi collegare il monitor tramite l’HDMI 2.1, ma al massimo hai 120 hertz a disposizione.

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Questo mi porta alla seconda parte del problema: l’RTX 4090 sarebbe l’unica scheda grafica in grado di riprodurre i giochi attuali anche solo in parte a una risoluzione così elevata e con una frequenza di aggiornamento così alta. Per il test, AMD mi ha fornito il suo prodotto di punta, la Radeon RX 7900 XTX. Grazie alla DisplayPort 2.1, teoricamente qui sarebbero disponibili tutti i 240 hertz, una velocità che però nel Dual UHD raggiungo solo con i videogiochi più vecchi. L’Odyssey Neo G9 di Samsung potrà dare il meglio di sé solo con le future generazioni di GPU, dove si spera che il tizio in giacca di pelle si degni di installare l’ultimo standard DP in una scheda grafica da 2000 franchi.

Gaming: davvero coinvolgente

Lo schermo non può fare nulla per questi problemi di prestazioni e di connessione. Semplicemente, offre più possibilità di quelle che l’hardware attuale è in grado di sfruttare. Nonostante tutto, trovo che giocare con il Samsung Odyssey Neo G9 sia un’esperienza fantastica. Il formato 32:9 può piacerti o meno, perché in fondo è una questione di gusti. In questo caso mi piace, perché nonostante il formato panoramico il display è sufficientemente alto.

In «Forza Horizon», arrivo a circa 100 FPS con un livello elevato di dettagli, il che mi basta. Con i giochi di corse, lo schermo gigante ti regala emozioni incredibili. Nella mia visione periferica, il paesaggio mi scorre davanti, ma allo stesso tempo non vengo schiacciato dall’alto, come invece accadeva con l’Odyssey Ark, troppo alto. Gli splendidi colori e gli alti contrasti rendono giocare ancora più divertente.

L’enorme display widescreen mi avvolge, offrendo un’esperienza di gioco davvero coinvolgente nelle simulazioni e nei giochi di corse – a patto che il computer supporti abbastanza frame al secondo.
L’enorme display widescreen mi avvolge, offrendo un’esperienza di gioco davvero coinvolgente nelle simulazioni e nei giochi di corse – a patto che il computer supporti abbastanza frame al secondo.
Fonte: Samuel Buchmann

Quindi passo a «Hogwarts Legacy», graficamente impegnativo. È qui che la Radeon RX 7900 XTX soffre di più. Per far funzionare il gioco senza problemi in 7680 × 2160 devo attivare la tecnologia di upscaling FSR 2.2 di AMD. E comunque anche in quel caso arrivo solo a 50-60 FPS e ogni tanto il gioco si interrompe. Il mondo magico raffigurato su quell’enorme schermo è davvero spettacolare. Ma ho trovato questo titolo più divertente sull’Odyssey OLED G9 alla risoluzione nativa di 1440p.

  • Test del prodotto

    Monitor da gaming: Samsung Odyssey OLED G9 alla prova

    di Samuel Buchmann

In «Overwatch 2» sfrutto finalmente tutti i 240 hertz del Neo G9. Tuttavia, il gioco non si svolge in 32:9, bensì al massimo in 21:9. Ciò significa barre nere a sinistra e a destra. Ma non è poi così male: anche in questo formato, ci sono comunque 40 pollici di diagonale a disposizione. Più di quanto offra la maggior parte degli schermi ultrawide convenzionali. Le immagini sono estremamente fluide e restano nitide anche durante i movimenti veloci. Samsung specifica che il tempo di risposta da grigio a grigio è di 1 millisecondo. Un display OLED è ancora più veloce. Ma non sono un professionista degli eSport e a questo livello non mi rendo più conto delle eventuali differenze.

Per l’ufficio: un sogno per il multitasking

L’enorme superficie dello schermo totalmente priva di bordi è un sogno anche per il lavoro d’ufficio. Posso disporre tre grandi finestre una accanto all’altra, con quella in mezzo ben centrata di fronte a me. Un setup perfetto, ad esempio, per scrivere un testo, fare ricerche e confrontarsi con i colleghi in Microsoft Teams. Il tutto senza dover premere Alt-Tab (o Cmd-Tab in MacOS).

Un vantaggio degli schermi 32:9: posso posizionare l’applicazione principale al centro.
Un vantaggio degli schermi 32:9: posso posizionare l’applicazione principale al centro.
Fonte: Samuel Buchmann

A differenza dei modelli precedenti, nel Neo G9 Samsung implementa bene anche la modalità Picture-by-Picture. Posso dividere lo schermo con un rapporto 1:1 o 2:1. In quel caso si comporta come se fossero due schermi affiancati. Puoi impostare un segnale d’input separato per le due parti. Ad esempio, potresti usare un gioco su due terzi dello schermo e a fianco guardarti un video su YouTube.

Il Neo G9 può essere suddiviso in due monitor virtuali, qui con un rapporto di 2:1. L’immagine di sinistra viene dal mio PC, quella di destra dal MacBook. Puoi anche collegare entrambi i lati allo stesso dispositivo.
Il Neo G9 può essere suddiviso in due monitor virtuali, qui con un rapporto di 2:1. L’immagine di sinistra viene dal mio PC, quella di destra dal MacBook. Puoi anche collegare entrambi i lati allo stesso dispositivo.
Fonte: Samuel Buchmann

L’elevata luminosità massima è una benedizione quando fuori splende il sole: posso continuare tranquillamente a lavorare senza dover tirare le tende. Quello che mi piace anche rispetto all’OLED è che l’illuminazione a mini LED non produce così tanto calore, nonostante l’ampia superficie bianca. Talvolta l’Odyssey OLED G9 mi sembrava una stufa elettrica.

Se lavori nello spazio colore AdobeRGB, il Neo G9 non è in grado di riprodurre un numero sufficiente di colori, data la sua copertura all’87%. Non ho però alcun problema a modificare le immagini sRGB per il web, visto che in questo caso sia la copertura dello spazio colore sia la resa cromatica vanno bene. E ci aggiungo anche la buona densità di pixel. Almeno in ambiente Windows – e qui veniamo alla più grande arrabbiatura che mi è capitata durante il test.

Compatibilità con Mac: sempre la solita storia!

Se utilizzo il Neo G9 con MacOS mi imbatto in due problemi che non si verificano con Windows. Uno si riesce a risolvere sborsando quattrini, l’altro no.

Il mio MacBook Pro ha appena due anni. Era un modello costoso e ha un chip M1 Max. Potrebbe gestire senza problemi la risoluzione dual UHD nell’uso di ufficio. Ma tutto questo conta poco, perché non riesco a collegare correttamente lo schermo: non c’è una porta USB-C (che dovrebbe supportare almeno Thunderbolt 3). Mentre la porta HDMI del mio MacBook è solo 2.0. Provo con varie docking station, tra cui la costosa CalDigit TS4 che ha una DisplayPort, ma senza esito. Il Neo G9 visualizza al massimo 5120 × 1440 pixel a 60 hertz.

Il mio MacBook M1 Max (a sinistra) non riesce a far funzionare correttamente il Neo G9. L’M2 Max Mac Studio, invece, ci riesce, perché dispone di una connessione HDMI 2.1.
Il mio MacBook M1 Max (a sinistra) non riesce a far funzionare correttamente il Neo G9. L’M2 Max Mac Studio, invece, ci riesce, perché dispone di una connessione HDMI 2.1.
Fonte: Samuel Buchmann

Per ottenere la massima risoluzione ho due possibilità. La prima è la modalità Picture-by-Picture. Se suddivido lo schermo con un rapporto 1:1, il mio MacBook Pro M1 Max trasmette l’UHD due volte tramite due cavi separati. Però in questo modo ottengo due schermi che non sono centrati e sui quali non riesco a visualizzare nulla in posizione centrale. Il rapporto 1:2 non funziona. Il mio MacBook non riconosce correttamente la risoluzione nella parte più ampia, l’immagine viene visualizzata in modo distorto.

L’altra soluzione è più semplice: acquistare un nuovo Mac con M2 Pro o M2 Max, entrambi dotati di HDMI 2.1. Per essere certo che questa soluzione funzioni davvero, mi procuro un M2 Max Mac Studio come dispositivo per il test. Ed effettivamente questo riconosce la piena risoluzione del Neo G9 ed è in grado di trasmetterla via HDMI a 120 hertz.

MacOS non è pronto per la risoluzione dual UHD. Posso solo scegliere tra il formato nativo (2160p), il doppio ingrandimento (1080p) o varianti ancora più grandi. Nessuno dei quali è ottimale.
MacOS non è pronto per la risoluzione dual UHD. Posso solo scegliere tra il formato nativo (2160p), il doppio ingrandimento (1080p) o varianti ancora più grandi. Nessuno dei quali è ottimale.
Fonte: Samuel Buchmann

Purtroppo, ora ho un nuovo problema. Ovvero, il modo particolare in cui macOS ridimensiona l’interfaccia utente. In dual UHD posso scegliere tra il 100 e il 200 percento. Il 100 è troppo piccolo e il 200 è troppo grande. Nel caso di schermi con risoluzioni convenzionali, MacOS mi offrirebbe dei valori intermedi. Ma non con il Neo G9. Inoltre, non funziona con applicazioni aggiuntive come BetterDisplay. A differenza dell’assenza della porta USB-C, stavolta non è colpa del display, ma interamente di macOS. Qui trovi maggiori informazioni sul ridimensionamento di Apple:

  • Retroscena

    Monitor per Mac: hai proprio bisogno della densità di pixel di Apple?

    di Samuel Buchmann

Comando: lineare e senza fronzoli

A differenza di molti altri schermi Samsung attuali, il Neo G9 non ha Tizen OS. E per fortuna! Non sono mai riuscito a utilizzare bene quel menu ipertrofico. In un monitor non ho bisogno di funzioni da smart TV o di un telecomando. Invece, apprezzo la semplicità dell’interfaccia utente del nuovo schermo da 57 pollici. Il menu si comanda tramite una reattiva rotella di selezione nella parte inferiore dello schermo.

Nel Neo G9, Samsung rinuncia a tutti gli optional delle smart TV. Al loro posto c’è un display reattivo e di facile consultazione. Grazie.
Nel Neo G9, Samsung rinuncia a tutti gli optional delle smart TV. Al loro posto c’è un display reattivo e di facile consultazione. Grazie.
Fonte: Samuel Buchmann

Attivando l’on-screen display (OSD) con un pulsante direzionale invece che con il pulsante centrale O.K., accedo direttamente alle funzioni principali. Ad esempio, alla luminosità o all’input. Fantastico. L’unico fastidio è che nel corso del test lo schermo ha smesso più volte di rispondere agli input. L’immagine continuava a essere visualizzata normalmente, ma non riuscivo più ad aprire i menu o a cambiare l’ingresso. Sono riuscito a fare ripartire tutto solo scollegando brevemente l’unità dall’alimentazione. Spero che Samsung risolva questo bug con un aggiornamento del firmware.

Giudizio finale: in anticipo sui tempi

Ottimo per il gaming e molto buono per il lavoro di tutti i giorni: con l’Odyssey Neo G9 Samsung ha raggiunto l’equilibrio che speravo. La qualità delle immagini del display a mini LED è convincente in quasi tutte le applicazioni. Lo schermo diventa estremamente luminoso, ma resta comunque ricco di contrasto grazie al local dimming a matrice fine. Il rivestimento di qualità impedisce efficacemente i riflessi. A differenza degli OLED, qui non devo preoccuparmi del burn-in. Visto che offre fino a 240 hertz e tempi di risposta rapidi, il Neo G9 riesce a riprodurre immagini fluide ed è adatto anche ai giochi più veloci.

Per avere una buona frequenza di aggiornamento, però, al tuo computer serve moltissima potenza. La risoluzione del Neo G9 è, insieme, una maledizione e una benedizione: da un lato, l’elevata densità di pixel garantisce immagini nitide, sia nelle applicazioni da ufficio che nei giochi. Giochi che, in 7680 × 2160, risultano davvero spettacolari. Nessun altro schermo di tali dimensioni è in grado di mostrare così tanti dettagli. Ma a questa risoluzione i titoli attuali raggiungono FPS sufficienti solo con le schede grafiche più potenti. Per di più, solo le più moderne schede grafiche AMD sono in grado di trasmettere il segnale a 240 hertz. Le GPU Nvidia non hanno la DisplayPort 2.1, che invece servirebbe.

Le cose si complicano ulteriormente se vuoi collegare un Mac. Puoi avere dei risultati soddisfacenti solo con i nuovi modelli M2-Pro e M2-Max, e anche in questo caso ci sono limitazioni con il ridimensionamento di macOS.

Nonostante alcuni punti deboli e problemi di compatibilità, il Neo G9 è il mio nuovo monitor preferito.
Nonostante alcuni punti deboli e problemi di compatibilità, il Neo G9 è il mio nuovo monitor preferito.
Fonte: Samuel Buchmann

Sebbene questi problemi non siano colpa di Samsung, non ci sono scuse per gli altri: i materiali e la lavorazione del Neo G9 lasciano molto a desiderare. Se spendo più di 2000 franchi o euro per uno schermo, non voglio vedere della plastica lucida. E mi aspetto una maggiore stabilità. Qui Samsung sta risparmiando sulle cose sbagliate, anche se una struttura più solida significherebbe un prezzo più alto e un peso maggiore. Altri punti deboli sono i contrasti slavati quando guardi lo schermo da un’angolazione non perpendicolare, un certo effetto «schermo sporco» sulle superfici uniformi e alcuni bug nel firmware.

Ma per me nessuno di questi è un problema insormontabile. Nel complesso, il gigante di Samsung mi sembra un successo. Prima di tutto per la qualità dell’immagine e l’ampia superficie dello schermo. E anche il prezzo mi sembra adeguato, visto le prestazioni. Se hai una scrivania bella grande e sufficientemente stabile, ti consiglio il modello da 57 pollici. Tieni solo presente che nel gaming potrà dare il massimo solo con le schede grafiche di fascia alta, ancora da venire. In questo senso, il Samsung Odyssey Neo G9 è in anticipo sui tempi.

Immagine di copertina: Samuel Buchmann

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Le mie impronte digitali cambiano talmente spesso che il mio MacBook non le riconosce più. Il motivo? Se non sono seduto davanti a uno schermo o in piedi dietro a una telecamera, probabilmente mi trovo appeso a una parete di roccia mantenendomi con i polpastrelli. 


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