Samsung Odyssey OLED G8 alla prova: belle immagini, software ingombrante
L’offerta di OLED 4K è in continua espansione. Samsung cerca di distinguersi dalla concorrenza con un rivestimento opaco e un sistema operativo intelligente. Ma non ci riesce molto bene.
Il pannello QD-OLED di terza generazione di Samsung viene utilizzato nei monitor di vari produttori. Ho già testato i modelli di Alienware e Asus e li ho trovati molto buoni. Questa volta sono i sudcoreani a lanciare sul mercato il loro schermo con questo tipo di pannello. È giunto quindi il momento di fare un altro confronto diretto.
Due caratteristiche distinguono l’Odyssey OLED G8 di Samsung dai prodotti dellla concorrenza: innanzitutto è opaco. Il rivestimento opaco dovrebbe ridurre al minimo i riflessi. L’OLED G8 è poi dotato di un sistema operativo per smart TV che ti consente, tra l’altro, di utilizzare applicazioni come Netflix senza una sorgente esterna. A livello di prezzo, Samsung si posiziona vicino all’Alienware AW3225QF. Ecco una panoramica dei dati principali:
- Formato: 31,5 pollici, 16:9, rivestimento opaco
- Risoluzione: 3840 × 2160 pixel, densità di pixel 140 ppi
- Luminosità: 250 nit (SDR), 1000 nit di picco (HDR)
- Frequenza di fotogrammi: 240 hertz
- Tempo di risposta: 0,03 ms da grigio a grigio
- Copertura dello spazio colore: sRGB al 100%, DCI-P3 al 99%
- Trasmissione del segnale: HDMI 2.1, DisplayPort 1.4 (DSC)
- Adaptive Sync: AMD FreeSync Premium Pro
Nota: per questo test ho ricevuto da Samsung un modello di pre-produzione. Nel prodotto finale potrebbe migliorare ancora qualcosa, soprattutto a livello di firmware. Trovi maggiori dettagli nelle sezioni relative.
Design: elegante, ma un po’ instabile
Samsung mantiene il design dei precedenti modelli OLED. Per essere un monitor da gaming, l’OLED G8 ha un aspetto elegante che mi piace. I bordi del display sono sottili. La base piatta è in vero metallo, il retro è rivestito in plastica argento opaca. A vista, l’insieme si presenta elegante. Ma quando le tocco, le superfici in finto metallo mi trasmettono una sensazione di scarsa qualità.
E in effetti la colonna non è particolarmente stabile. Se urto il tavolo, il monitor vibra molto più a lungo rispetto all’Asus PG32UCDM. La scarsa qualità dei materiali e della lavorazione è un difetto fastidioso degli schermi Samsung che mi colpisce ad ogni nuovo test. Una pecca che non dovrebbe essere presente in un costoso prodotto top di gamma come l’OLED G8, che vanta qualità premium.
Anche per quanto riguarda le connessioni, Samsung non si sforza più di tanto, con due HDMI 2.1 e una DisplayPort 1.4. Il produttore ha rinunciato ad aggiungere una DisplayPort 2.1, probabilmente per ragioni di costo. Si può obiettare che con 4K e 240 hertz il controller più costoso non sia indispensabile. Maggiori informazioni nel riquadro informativo.
C’è anche un hub con due prese USB-A per le tue periferiche. Però mi chiedo: chi ha voglia di collegare un cavo extra dal PC al monitor solo per questo? Tanto più che l’upstream è garantito solo dall’obsoleta connessione USB-B. Ho cercato invano una USB-C in grado di trasmettere anche il segnale video.
Già che ci sono, un piccolo sfogo: il vostro sistema di denominazione dei prodotti, cara Samsung, crea un sacco di confusione. L’Odyssey OLED G8 si chiama esattamente come il vecchio schermo da 34 pollici, che non è il diretto predecessore ed è tuttora presente in assortimento. Il problema è ancora più evidente con la serie G9. In alcuni casi, due monitor totalmente diversi hanno lo stesso identico nome e si distinguono solo per sigla tecnica che identifica il modello. Per esempio G85SB. Sigla che però neanche il produttore utilizza nel suo marketing. Non ci siamo.
Qualità dell’immagine: non rende il massimo
Stai per leggere informazioni molto tecniche. Le misurazioni effettuate con lo strumento professionale di Portrait Display consentono di classificare in modo oggettivo la qualità dell’immagine. Se dettagli e diagrammi non sono esattamente la tua passione, puoi leggere la versione breve e poi passare direttamente al capitolo «Gaming».
I principali risultati in sintesi:
- Luminosità: al massimo 250 nit in modalità SDR sono tipici dei QD-OLED e sono sufficienti nella maggior parte delle situazioni. La luminosità si mantiene costante, sia nello schermo intero che in una piccola finestra di controllo.
- Contrasto: il contrasto è eccellente, il livello di nero con luce ambientale ridotta è perfetto, com’è tipico degli OLED.
- Colori: il modello Odyssey OLED G8 copre egregiamente gli spazi colore SDR e HDR. La precisione del colore potrebbe essere migliore.
- HDR: la luminosità di picco per i contenuti HDR è buona, ma cala rapidamente in presenza di luci intense. La precisione dei colori media è discreta, con alcuni colori che presentano outlier verso l’alto.
- Riflessi: l’Odyssey OLED G8 è l’unico QD-OLED 4K con un rivestimento opaco. Se da un lato riduce bene i riflessi localizzati, dall’altro rende l’immagine meno nitida.
Luminosità e contrasto: vantaggi e svantaggi del rivestimento opaco
Il monitor Samsung ha la stessa luminosità a schermo intero di tutti i dispositivi con questo tipo di pannello, ovvero poco meno di 250 nit. Se mi trovo in una stanza molto luminosa, me ne servirebbero anche di più, altrimenti è un valore sufficiente.
A differenza dell’Asus PG32UCDM, il Samsung Odyssey OLED G8 non ha la funzione di luminosità dinamica SDR. Il bianco ha sempre una luminosità massima di 250 nit, sia in una finestra del 2% che del 100%. Quando lavoro mi va bene, perché in quel caso non voglio avere fluttuazioni.
Se però voglio usarlo per giocare in una stanza luminosa, l’Odyssey OLED G8 segna il passo rispetto al suo concorrente di Asus. Questo perché nella maggior parte delle scene, di gioco l’Average Picture Level (APL) è inferiore al 100%. In questi casi il PG32UCDM risulta più brillante del modello di Samsung. I valori più alti implicano un rischio maggiore di burn-in, cosa che però nei giochi con immagini in movimento non dovrebbe essere un grosso problema.
Il pannello del mio modello di prova è illuminato in modo uniforme. Misuro un DeltaE massimo di 0,8 tra il centro e i bordi dell’immagine.
Niente di sorprendente a livello di luminosità HDR. In una finestra del 2% il PG32UCDM non raggiunge i 1000 nit promessi ma solo 949 nit. Per farlo, devo prima impostare la «Peak Brightnesso» su «High» nel menu. Samsung limita la luminosità di fabbrica a circa 450 nit. In una finestra del 10% anche attivando la luminosità di picco non si ottiene molto di più.
Di conseguenza, a livello pratico i contenuti HDR non sono riprodotti altrettanto bene come con i pannelli WOLED, che con finestre di queste dimensioni risultano più luminosi. Ad esempio, nel grafico che segue vedi la curva dell’Asus PG34WCDM.
Negli ambienti luminosi i monitor WOLED sono superiori anche per quanto riguarda il livello del nero: il pannello QD-OLED dell’Odyssey OLED G8 non ha un filtro di polarizzazione. Di conseguenza, negli ambienti luminosi il nero appare un po’ spento e tende al viola. La differenza si vede solo con un confronto diretto.
Diversamente dai modelli QD-OLED equivalenti di Asus e Alienware, il monitor di Samsung ha un rivestimento opaco. Non riesco a decidere se sia una cosa positiva oppure no. I riflessi puntuali vengono effettivamente bloccati. Il che non è necessariamente un vantaggio. Perché in questo modo la luce viene distribuita su una superficie più estesa e di conseguenza diminuisce il contrasto. Alla fine, un display lucido risulta più nitido e brillante.
Colori e toni di grigio: è consigliabile la calibrazione
Le misurazioni relative ai colori e ai toni di grigio hanno lo scopo di rispondere a tre domande:
- Gamma e bilanciamento del bianco: con quale accuratezza il monitor visualizza i toni di grigio neutri?
- Copertura dello spazio colore: quanti colori riesce a visualizzare il monitor?
- Precisione dei colori: con quale precisione il monitor riproduce i colori?
L’Odyssey OLED G8 comincia a perdere colpi con i toni di grigio. Tanto per iniziare, i toni di grigio chiari sono troppo luminosi. Questo comporta una perdita di dettagli dove ci sono luci. In secondo luogo, il monitor appare troppo freddo e troppo verde, come vedi nel grafico seguente. Un DeltaE massimo di 6 provoca uno scostamento riconoscibile anche dai meno esperti, soprattutto se si può fare un confronto diretto con un monitor calibrato meglio.
Qui mostro le misurazioni nella modalità immagine «Grafica» con le impostazioni di fabbrica. Le altre modalità hanno errori ancora più gravi. Ad esempio, nella modalità «Game» puoi scegliere tra sei «generi» diversi. In tutti, l’immagine è troppo blu, troppo satura e così ricca di contrasti da far perdere i dettagli. È chiaro che chiunque sia il responsabile di queste impostazioni predefinite di Samsung ama le immagini innaturalmente brillanti.
Con un po’ di impegno, puoi correggere manualmente almeno il bilanciamento del bianco. Nelle impostazioni per esperti sono disponibili un bilanciamento del bianco a 2 e a 20 punti. Nella maggior parte dei casi basta usare il primo. Qui posso usare i valori di «Offset» per regolare il bilanciamento del colore nelle aree scure e i valori di «Gain» per regolare quello delle aree chiare.
L’Odyssey OLED G8 copre egregiamente i normali spazi colore SDR.
- sRGB: 136% (relativo) / 100% (assoluto) (buono = 100%) – lo spazio colore standard per i contenuti digitali. La maggior parte delle immagini SDR e dei video è tarata per l’sRGB.
- AdobeRGB: 97,8% (buono= >90%) – uno spazio colore importante per l’elaborazione delle immagini destinate alla stampa.
L’elevata copertura AdobeRGB del pannello QD-OLED non smette mai di stupirmi. Anche nel monitor Samsung è quasi del 98%. Un valore che ti permette di valutare senza alcun problema le immagini per la stampa fine art. Ti consiglio però, come prima cosa, di calibrare il Samsung Odyssey OLED G8. Alle impostazioni di fabbrica alcuni colori differiscono in modo sostanziale. Sia in sRGB (DeltaE massimo di 7,8) che in AdobeRGB (DeltaE massimo di 5,9).
A differenza della concorrenza, Samsung non offre una modalità immagine specifica per i contenuti sRGB. Posso scegliere tra gli spazi colore «Native», «Normal» e «Custom». Ma mi sembra che non succeda niente. Forse dipende dal fatto che il firmware non è ancora definitivo. La dicitura, comunque, non ha molto senso: che cosa significa infatti «normale»?
HDR: buono, ma potrebbe essere meglio
Di base, i contenuti HDR si vedono sempre bene sull’Odyssey OLED G8. La precisione è leggermente inferiore a quella dei modelli Alienware e Asus. E in tutti e tre, man mano che aumentano le dimensioni della finestra, la luminosità cala più velocemente che con dispositivi con pannelli WOLED. Soprattutto con un APL del 10%, che si trova spesso nelle scene reali, la differenza è sorprendente.
I toni di grigio seguono approssimativamente i valori di riferimento. Le ombre sono leggermente attenuate, quindi almeno non si perdono dettagli. Come nella modalità SDR, la temperatura del colore è leggermente troppo alta.
Nella copertura degli spazi colore HDR rilevo quanto segue:
- DCI-P3: 99,2% (buono = >90%) – spazio colore standard per i contenuti in HDR, ad esempio in HDR10 o Dolby Vision.
- BT.2020: 79,2% (buono = >90%) – spazio colore ancora più ampio, che viene considerato una soluzione futura. I contenuti attuali lo usano raramente.
Proprio come i suoi omologhi di Asus e Alienware, il monitor di Samsung copre in modo eccellente l’importante spazio colore P3 mentre il BT.2020 copre solo il 79%. Un valore, quest’ultimo, che a livello pratico non ha quasi importanza. Oggigiorno la maggior parte dei contenuti è predisposta per il DCI-P3.
Ma per quanto riguarda la precisione dei colori ci sono dei notevoli outlier. Il DeltaE medio di 4,1 è accettabile, ma lo scostamento massimo di 10,1 significa notevoli cambiamenti di colore. Sono valori relativamente scarsi per un monitor QD-OLED. Fortunatamente mentre giochi te ne accorgi a malapena, perché in quel caso una rappresentazione fedele è meno importante che nei film e nelle foto.
Il Samsung Odyssey OLED G8 supporta lo standard HDR10. Samsung rinuncia al DolbyVision a favore del proprio standard HDR10+ come ha fatto nei suoi televisori. Tuttavia, finora ci sono molto meno contenuti in questo formato rispetto al DolbyVision.
Gaming: la concorrenza è agguerrita
Nel suo ambiente naturale, l’Odyssey OLED G8 eccelle: i giochi hanno un aspetto fantastico. L’elevata densità di pixel, i livelli di nero perfetti e i tempi di risposta estremamente ridotti producono nell’insieme una qualità dell’immagine impressionante.
A rischio di ripetermi: gli OLED 4K da 32 pollici si collocano in uno sweet spot perfetto. La risoluzione richiede una notevole potenza di elaborazione grafica, che è comunque alla portata dei PC più potenti. Grazie a tecnologie di upscaling puoi utilizzare la frequenza di aggiornamento di 240 hertz anche nei giochi attuali. Il formato dello schermo è bello grande, ma non esagerato come ad esempio nel Samsung Odyssey Neo G9.
Il problema più grande del Samsung Odyssey OLED G8 sono i modelli della concorrenza con lo stesso pannello. Nella modalità SDR, l’Asus PG32UCDM è più adatto agli ambienti luminosi grazie alla luminosità dinamica opzionale. Cosa che il Samsung Odyssey OLED G8 non riesce a compensare nemmeno con il rivestimento opaco. Negli ambienti poco luminosi, poi, il display opaco costituisce uno svantaggio, quindi il PG32UCDM è la scelta migliore anche in questo caso. Però costa di più.
Grazie al rivestimento lucido, l’Alienware AW3225QF ha anche un aspetto più accattivante. La sua curvatura può piacere o meno. Ma in considerazione del prezzo ancora più basso, batte l’Odyssey OLED G8 almeno in termini di rapporto qualità-prezzo.
Office: si riscalda meno di quanto temevo
Anche l’Odyssey OLED G8, come tutti gli OLED 4K, è perfetto per lavorare. La densità di 140 pixel per pollice (ppi) è abbastanza elevata per avere testi belli nitidi. Non è presente l’Auto Static Brightness Limiter, che riduce la luminosità dell’immagine con i contenuti statici. Le dimensioni sono sufficienti per tenere due finestre affiancate, anche se a volte una larghezza maggiore mi avrebbe fatto comodo.
Solo il rischio di burn-in rimane un fattore imprevedibile, come per tutti i monitor OLED. Più il pannello si scalda, più è probabile che i singoli pixel si usurino in modo non uniforme. L’Alienware AW3225QF dissipa attivamente il calore con una ventola. Nell’Asus PG32UCDM il produttore usa una pellicola di grafene per trasferire il calore al dissipatore passivo sul retro. Il monitor Samsung è molto più sottile e a prima vista non ha un sistema di raffreddamento sofisticato.
Posiziono l’Odyssey OLED G8 accanto all’Asus PG32UCDM e lascio che i monitor si riscaldino per mezz’ora, a 250 nit e con un’immagine completamente bianca. Quindi scatto delle foto con la termocamera. Sul retro trovo la conferma dei miei sospetti: nel monitor Asus c’è una fuoriuscita di calore al di sopra del dissipatore. Invece, dalla fessura di ventilazione dell’Odyssey OLED G8 non fuoriesce aria calda. L’hotspot si trova invece al centro, dove ho fissato il braccio del mio monitor.
Sorprendentemente, il monitor Samsung rimane più freddo sulla parte anteriore. La temperatura è di poco inferiore ai 50 gradi Celsius, circa cinque gradi in meno rispetto all’Asus PG32UCDM. Probabilmente questo è dovuto al fatto che l’Odyssey OLED G8 consuma 115 watt e il PG32UCDM 125 watt alla stessa luminosità. Perché? Non ne ho idea. Comunque sia, credo che per questo motivo nel Samsung il rischio di burn-in sia un po’ inferiore.
Samsung per i suoi monitor QD-OLED offre anche una garanzia di tre anni sul burn-in. In caso di problemi il pannello viene sostituito. Questo mette i sudcoreani alla pari di altri produttori.
Funzionamento: mi fa impazzire
Fino a questo punto del test l’Odyssey OLED G8 è simile ad altri monitor con lo stesso pannello. Con il sistema operativo, però, Samsung cerca di distinguersi. Come già altri monitor Odyssey precedenti, anche il G8 sogna di essere un televisore. Infatti, monta il sistema operativo per smart TV Tizen OS che mi consentirebbe di utilizzare app come YouTube o Xbox Cloud Gaming senza un computer collegato.
Odio il Tizen.
Il sistema operativo per smart TV potrà andare bene per i televisori, ma nei monitor non solo è poco intuitivo, ma è anche ingombrante. Perché mai Samsung vuole impormi questo bloatware? Devo ancora incontrare un gamer che si compra uno schermo da 32 pollici che costa più di 1000 franchi e lo usa per guardare Netflix, per di più sentendo l’audio attraverso gli altoparlanti interni che suonano come una scatola di latta. Il massimo che posso fare è collegare dei sistemi audio esterni via Bluetooth o HDMI ARC.
Qualcuno potrebbe obiettare che offrire delle funzioni extra non è esattamente uno svantaggio. Io la vedo diversamente. Perché il sistema operativo per TV è un’inutile accozzaglia di menu, impostazioni e modalità d’immagine. Ti faccio qualche esempio:
- Il funzionamento tramite la croce direzionale sul retro del monitor è difficoltoso. I punti di attuazione sono regolati male e per chiudere un menu ogni volta devo tenere premuto il tasto OK per tre secondi. Con il telecomando va meglio, ma è un altro aggeggio da tenere sulla scrivania.
- L’ingresso non viene commutato automaticamente in un segnale attivo. Anche se spengo tutti gli altri dispositivi collegati, dopo 60 secondi il monitor va in standby. Ogni volta che passo dal portatile al PC devo selezionare manualmente l’ingresso giusto.
- Ci sono tre diversi set di modalità di immagine, a seconda che tu abbia definito l’ingresso come «PC» o qualcos’altro o se hai attivato anche la modalità «Game». Un gran pasticcio! Tutte le calibrazioni, tranne quella per la «grafica», sono inutilizzabili (vedi la sezione sulla qualità dell’immagine).
- La modalità di gioco ha tre impostazioni: «On», «Off», «Auto». Nella modalità «Off» posso fare funzionare il monitor al massimo a 120 hertz. Se l’interruttore è impostato su «On» devo passare per forza alla modalità immagine di gioco. Con «Auto» in Windows arrivo a 240 hertz e ho le normali opzioni di impostazione. Tuttavia, su MacOS l’opzione «Auto» non è disponibile.
- Se mi trovo nella schermata iniziale dell’interfaccia smart TV, non posso uscire usando semplicemente il pulsante indietro. Devo cercare di nuovo il dispositivo giusto in «Connected Devices».
Come ho detto all’inizio, i miei lamenti sono relativi a un modello in pre-produzione. Samsung potrebbe ancora migliorare il firmware del monitor. Ma fatico a credere che cambierà molto: in fondo Tizen OS resta sempre Tizen OS.
In breve
Buono, ma non tanto quanto la concorrenza
Se vivessi in una bolla, sarei entusiasta del Samsung Odyssey OLED G8. Con le giuste impostazioni, offre immagini di ottima qualità. Soprattutto con i videogiochi. I 240 hertz offrono chiarezza anche con i movimenti veloci mentre l’alta densità di pixel assicura immagini nitide e un livello di nero perfetto. Grazie all’ampia superficie dello schermo lo trovo un ottimo strumento anche per i lavori d’ufficio.
Ma Samsung non è l’unico produttore che offre OLED a 4K. L’Alienware AW3225QF si presenta altrettanto bene e costa anche meno. Mentre nella fascia di prezzo più alta, il più costoso Asus PG32UCDM offre un numero maggiore di funzioni, più luminosità e una migliore calibrazione. L’Odyssey OLED G8 è l’unico ad avere un rivestimento opaco, cosa che non è necessariamente un vantaggio.
Peraltro, i due modelli della concorrenza sono anche molto più semplici da usare, perché sull’Odyssey OLED G8 Samsung monta un ingombrante sistema operativo per Smart TV che ti consente di utilizzare il monitor come una TV, ad esempio per guardare Netflix, senza un computer collegato. Con un display di queste dimensioni, però, non mi sembra un’idea molto sensata. Rende solo il monitor più costoso e inutilmente complicato.
A suo favore l’Odyssey OLED G8 di Samsung ha un design semplice e il pannello si scalda un po’ meno rispetto a quello dell’Asus PG32UCDM. Tenuto conto di tutto, si classifica come l’OLED 4K più debole che abbia mai testato finora.
Pro
- livello di nero OLED, buona luminosità
- alta densità di pixel
- ottima copertura dello spazio colore
- quasi nessuna sfocatura di movimento
- buona nitidezza dei testi
- il rivestimento opaco è un vantaggio in qualche situazione
Contro
- rischio di burn-in dei contenuti statici
- in ambienti luminosi, nero meno intenso rispetto ai WOLED
- il rivestimento opaco riduce il contrasto soggettivo
- funzionamento macchinoso
- calibrazione di fabbrica mediocre
- meno sofisticato della concorrenza di Asus
Le mie impronte digitali cambiano talmente spesso che il mio MacBook non le riconosce più. Il motivo? Se non sono seduto davanti a uno schermo o in piedi dietro a una telecamera, probabilmente mi trovo appeso a una parete di roccia mantenendomi con i polpastrelli.