Stampa fine art – parte 1: nozioni di base e stampanti
Voglio stampare le mie foto su carta e mi infilo nel tunnel senza fine della stampa fine art. Nella prima parte di questa serie esamino da vicino due stampanti A2 e valuto in modo critico se ne vale la pena.
Le foto stampate hanno più peso. Rivelano senza pietà tutti i difetti di uno scatto. In compenso, sono più soddisfatto delle foto ben riuscite e le guardo più spesso. Tutte queste sono le considerazioni che ho fatto l’anno scorso, quando ho scattato solo foto analogiche durante un viaggio. Le foto su carta sembravano essere più preziose della gran quantità di immagini digitali presenti sugli hard disk. Potevo toccarle con mano.
Tuttavia, il nerd che è in me non era soddisfatto della qualità delle stampe. Le strutture fini erano difficili da distinguere e le immagini avevano macchie di colore – lo stesso risultato che ottengo anche quando faccio stampare le immagini digitali a fornitori online. Non sono quasi mai come me le ero immaginato. Se le appendo nel soggiorno, esposte alla luce, si sbiadiscono rapidamente.
Se voglio una qualità superiore e un maggior controllo, devo stamparmele da solo, ma bene. Ma ne vale davvero la pena? In questa serie in tre parti, ti faccio entrare con me nel tunnel senza fine della stampa fine art. Parliamo, prima di tutto, dei principi fondamentali e delle stampanti.
Che cosa significa stampa fine art?
La stampa fine art è, in sostanza, una stampa fotografica di altissima qualità. Con questo termine abbastanza fumoso ci si riferisce, in generale, a una stampa di alta qualità fatta con inchiostri di lunga durata su carta pregiata. Una fotografia stampata su carta lucida da pochi soldi con un dispositivo multifunzione in quadricromia da 300 franchi non è una stampa fine art. Se le promesse del marketing affermano questo, sono fuffa.
Che cosa caratterizza una buona stampa fine art:
- Il materiale di partenza: solo foto ben fatte possono dare belle stampe. In termini tecnici, ciò significa idealmente un’immagine non compressa scattata con una buona fotocamera. Ad esempio una Beatrice.
- La qualità della stampa: le buone stampanti possono nebulizzare microscopiche goccioline di colore sulla carta. Utilizzano fino a dodici cartucce diverse per riprodurre un ampio spazio colore con sfumature delicate. Il grigio non si ottiene mescolando ciano, magenta e giallo (CMY), ma con inchiostri grigi dedicati.
- Gli inchiostri: le stampanti professionali lavorano con inchiostri pigmentati, ovvero inchiostri composti da un liquido che contiene particelle solide di pigmento. Si differenziano dagli inchiostri a base di coloranti (dye based), in cui le molecole di colore si dissolvono completamente nel liquido. Gli inchiostri pigmentati hanno il vantaggio di essere più resistenti alla luce. Secondo l’istituto di ricerca indipendente Wilhelm Research, anche se esposte, le stampe mantengono i propri colori per oltre cento anni. Una foto stampata con inchiostro dye based esposta alla luce, dopo pochi anni sbiadisce.
- La carta: una buona carta dev’essere in grado di trattenere molto inchiostro con grande nitidezza dei contorni. Così come l’inchiostro, anche la carta dev’essere il più possibile resistente alla luce e al deterioramento. Le carte per la stampa fine print d’archivio solitamente si ottengono dal cotone e non contengono acidi.
Per decidere il livello di qualità che ti serve, valuta l’uso che devi fare della stampa: se vuoi solo appendere un’istantanea delle vacanze sul frigorifero, non ti serve una qualità fine art. Il discorso è diverso se vuoi esporre, vendere o archiviare le tue foto. In questo caso ti serve il meglio del meglio e le immagini devono durare nel tempo.
Opzioni limitate per l’utilizzo domestico
L’offerta di stampanti fotografiche con inchiostri pigmentati è limitata. Il mercato è saldamente nelle mani di Epson e Canon. Per i professionisti, i due marchi offrono dispositivi che consentono di stampare fotografie in grande formato. Ad esempio, l’Epson SureColor SC-P9500 può stampare su carta in rotoli da 112 centimetri.
Queste stampanti per grandi formati sono troppo ingombranti per l’uso domestico. In questo caso sono interessanti gli apparecchi che riesci a tenere sul tavolo. I modelli di Epson sono la SureColor SC-P700 e l’SC-P900. Da Canon, invece, l’imagePROGRAF PRO-300 e la PRO-1000. I modelli più piccoli possono stampare su carta fino al formato A3+, quelli più grandi fino al formato A2+. Quelli di Epson sono disponibili anche in rotolo, fino a una larghezza di 32,9 cm (SC-P700) o 43,2 cm (SC-P900). Nell’ultimo caso devi compare separatamente la necessaria roll unit.
Dal momento che le stampanti fine art sono un prodotto di nicchia, gli sviluppi sono lenti e le innovazioni rare. I cicli dei prodotti durano molto più a lungo rispetto ad altri dispositivi tecnici. La Canon PRO-300 e i modelli attuali di Epson sono stati lanciati nel 2020 e sono quindi considerati relativamente nuovi. La Canon PRO-1000 ha già otto anni, il che non la rende automaticamente meno valida. Ma presto potrebbe avere un successore.
Epson SC-P900 e Canon PRO-1000 a confronto
Nel mio esperimento personale decido di comparare queste due stampanti A2. Lo spazio necessario in più rispetto ai modelli A3 non mi preoccupa. La possibilità di usare un formato di carta più grande compensa questo inconveniente. Infatti, di solito stampo in formato A3+, che va bene per le immagini in 3:2. Ma per stampe da esposizione voglio il formato A2. Di seguito una panoramica dei formati più comuni per le carte fine art:
Già prima di toglierle dalla scatola noto una differenza tra la Epson SC-P900 e la Canon PRO-1000: la Canon è un bestione da 32 kg. Inoltre, la scatola è così ingombrante che non riesco a trasportarla da solo. Il modello di Epson, con i suoi 15 chilogrammi, pesa meno della metà e si può spostare da una parte all’altra senza bisogno di assistenza. Nonostante usino lo stesso formato di stampa, la SC-P900 è anche molto più compatta. Quindi occupa meno spazio sul tavolo.
Con le stampanti fine art il «plug and play» te lo puoi dimenticare. L’installazione richiede più di un’ora. Nella Epson devi agitare e inserire dieci cartucce d’inchiostro diverse, nella Canon dodici. Poi ci sono installazioni di software e processi di inizializzazione. Entrambi i produttori mi forniscono comunque istruzioni dettagliate in formato digitale. Quelle di Epson hanno illustrazioni migliori.
Dopo l’installazione, si parte con la procedura. La struttura confusionaria delle impostazioni mi strappa qualche imprecazione. Per ottenere il risultato che voglio mi serve il driver giusto, il profilo di colore giusto per la mia carta, le impostazioni di Photoshop giuste e le impostazioni della stampante giuste. Sì, sono tutti elementi diversi. La prima volta che ho stampato, anni fa, la cosa mi aveva totalmente sopraffatto. In questo articolo non tratto delle impostazioni in modo approfondito, ma lo farò nel prossimo.
La buona notizia per entrambe le stampanti è che, con le impostazioni giuste, ottieni risultati fantastici, a mio parere equivalenti. In un test in cieco non sarei mai in grado di indovinare quale stampa è stata realizzata con la SC-P900 e quale con la PRO-1000. Entrambe producono colori brillanti e riesco a distinguere le strutture più fini, sempre che il materiale di partenza sia sufficientemente buono. Mi diverte un sacco stampare immagini di questa qualità a casa.
Poche anche le differenze a livello di gestione. Epson ha fatto progressi su questo fronte: nel precedente modello SC-P800 quando si passava dalla carta opaca a quella lucida bisognava cambiare la cartuccia nera. Il che era scocciante e faceva sprecare inchiostro prezioso, perché il canale del nero nella testina di stampa veniva lavato ogni volta. Finalmente la SC-P900 ha dei canali separati per le due cartucce, proprio come la Canon PRO-1000. Epson ha migliorato anche l’alimentazione. Ora posiziona la carta al centro e non la «inghiotte» più, come accadeva continuamente con il modello SC-P800. Questo è un altro problema che la Canon PRO-1000 non ha mai avuto.
Durante il mio test, le stampanti hanno prelevato senza problemi carte fino a 250 g/m² dall’alimentazione dall’alto. Dai 300 g/m² in su entrambe si verificano delle interruzioni. Per carte così spesse si consiglia l’alimentazione manuale. Questa modalità è molto più semplice da utilizzare nella Canon PRO-1000. Posso inserire i singoli fogli di carta in un alimentatore più profondo sul retro fino all’arresto e da lì in poi ci pensa la stampante. Nella Epson SC-P900 devo estrarre un carrello anteriore e infilare la carta. Un’operazione complicata. Dopo la mia conferma sul touchscreen, la stampante porta la carta nella posizione finale e io devo chiudere nuovamente il carrello. Solo a questo punto si può cominciare. Se utilizzi molta carta pesante, con il tempo questa procedura macchinosa risulterà fastidiosa.
Attenzione: costa
Prima di correre ad acquistare una delle due stampanti, devi avere le idee chiare sui costi aggiuntivi. La stampa fine art è costosa.
Oltre alla stampante, ti serve un buon monitor. Senza il monitor, non saresti in grado di controllare le immagini in modo corretto e sprecheresti inchiostro e carta. Lo schermo deve coprire il più possibile lo spazio colore AdobeRGB e visualizzarlo correttamente. In questo caso la scelta migliore è un dispositivo specializzato, come l’Eizo CG2700X che ho utilizzato anche per il mio test. Ci sono buone alternative anche da BenQ, Asus o Dell.
Come minimo, dovresti calibrare il tuo monitor con un colorimetro come Datacolor Spyder X Pro. Per poter giudicare correttamente le stampe finite, anche la luce nella tua postazione di lavoro dev’essere adeguata. Per un flusso di lavoro veramente accurato dal punto di vista del colore, esistono costosi sistemi di illuminazione standardizzati. Ma non c’è bisogno di arrivare a tanto: già una lampada con un buon CRI può darti una mano. Un altro accessorio utile sono i guanti in cotone, per evitare di rovinare le stampe con le impronte delle dita.
Con gli inchiostri si inizia a spendere davvero. Un set di cartucce Epson costa 400 franchi per 500 millilitri in totale. Canon fa pagare 600 franchi per 960 millilitri. Il numero di foto che puoi stamparci dipende dal formato, dalla carta e dalla qualità della stampa. Per un’immagine in formato A3+, secondo i test effettuati](https://www.redrivercatalog.com/rr/epson-surecolor-p900-cost-per-print.html), consumi in media circa due franchi di inchiostro. Se stampi solo poche immagini alla volta, sprechi anche molto inchiostro per la pulizia.
E poi ci sarebbe anche la carta. Le varianti più convenienti di Epson e Canon hanno un costo di un franco svizzero per foglio A3+. Per le stampe di breve durata vanno benissimo. Tuttavia, le carte fine art senza acidi, come la Hahnemühle Photo Rag, costano quattro volte di più, ma ne valgono la pena se si desidera una stampa particolarmente bella che duri a lungo.
Un altro fattore di costo: gli scarti. Non tutte le stampe vengono bene al primo tentativo. In momenti di confusione mentale, mi è già capitato di selezionare i profili colore sbagliati o di stampare un’immagine A4 su carta A3. E anche dopo aver esaminato la fotografia su un monitor con colori reali, talvolta una stampa può apparire troppo scura o può comunque non piacermi. Questa la mia valutazione dei costi totali per ogni stampa riuscita:
Serve tanto spazio
È importante considerare anche quanto spazio serve. La stampante, da sola, occupa mezza scrivania. Non va poi sottovalutata la lunghezza dei cassetti anteriori e posteriori. L’Epson SC-P900, più leggera, puoi comunque chiuderla e riporla in modo compatto, se la usi solo raramente. Quando stampi, sul tavolo devi avere anche spazio per un cassetto della carta aperto, perché è preferibile caricare i supporti pesanti un foglio alla volta.
Poi ti serve un posto dove appoggiare le stampe finite. Ti serve molto spazio per questo, perché vorrai ammirare più immagini una accanto all’altra. Ad esempio, perché fanno parte di una stessa serie. È preferibile un luogo con molta luce naturale, come un tavolo vicino a una finestra. Le stampe da archiviare è bene sistemarle ordinate in scatole. Anche queste con il tempo tendono ad accumularsi ed è meglio non riporle in scantinati umidi. Le condizioni migliori per gli inchiostri e le carte sono temperature costanti di circa 20 gradi Celsius e un’umidità di circa il 40 percento.
Ne vale la pena?
Come vedi, stampare da soli fotografie di alta qualità è piuttosto impegnativo. Dal punto di vista economico, la cosa ha senso solo se lo fai regolarmente. Diversamente, non vale la pena sostenere i costi di acquisto e si spreca molto inchiostro per la pulizia della testina di stampa. Se hai bisogno di un paio di stampe fine art all’anno, ti conviene rivolgerti a una tipografia professionale. Lo svantaggio di rivolgersi a un professionista: ogni volta ti presenta un nuovo problema e tu rinunci a una parte del controllo.
Come fotoamatore, ho un modo più filosofico di affrontare la questione: la stampa fine art è così divertente che ne vale la pena? Non ho ancora trovato la mia risposta personale. Le stampe ben riuscite mi danno una soddisfazione immensa. Ma non so bene che cosa farne. Appenderle? Sì, ma prima o poi le pareti si riempiono. Regalarle? Sì, ma solo se la persona se ne fa qualcosa. Archiviarle? Sì, ma solo se qualcuno le guarderà, prima o poi.
La soddisfazione di stampare in grande formato si contrappone ai costi elevati e al tanto spazio necessario. Un dispositivo come la Canon PRO-1000 sarebbe evidentemente troppo grande e pesante per me. L’Epson SC-P900 è più facile da gestire. Ma dopo il breve periodo di prova non sono in grado di dire se la sua struttura più leggera sia predisposta ai guasti. Non ho notato nulla di negativo. Non vedo differenze nemmeno nella qualità della stampa, che è eccellente con entrambe le stampanti. I serbatoi d’inchiostro più piccoli della Epson mi sembrano più sensati per una stampante occasionale e me ne servono solo dieci invece di dodici, come per la Canon. Ecco perché per me l’SC-P900 esce vincitrice dal confronto.
Nella prossima parte della serie, ti presenterò l’argomento che probabilmente scoraggia la maggior parte degli appassionati: le impostazioni di stampa e la gestione del colore.
Le mie impronte digitali cambiano talmente spesso che il mio MacBook non le riconosce più. Il motivo? Se non sono seduto davanti a uno schermo o in piedi dietro a una telecamera, probabilmente mi trovo appeso a una parete di roccia mantenendomi con i polpastrelli.