Ho testato «Pacific Drive»: amore, sudore e nastro adesivo
20/2/2024
Traduzione: Martina Russo
Il protagonista di «Pacific Drive» è l’automobile. Con la mia fidata station wagon esploro una misteriosa zona interdetta e ogni chilometro che percorro, ogni pericolo che scampo me ne innamoro sempre più.
La pioggia battente sferza contro i finestrini. I tergicristalli riescono a fare ben poco contro quel torrente d’acqua. Il sistema di allarme della mia auto emette bip e lampeggia all’impazzata. Una raffica di fulmini colpisce il tetto della macchina. Le radiazioni radioattive hanno superato qualsiasi livello massimo. Fuori il mondo sta per finire, ma io quasi non me ne accorgo perché i miei occhi sono fissi all’orizzonte. Sono fissi là, dove un’apocalittica colonna di energia arancione si innalza verso il cielo. È la mia via di fuga per lasciare la Zona.
Lancio un rapido sguardo al cruscotto e mi rendo conto che il serbatoio è quasi vuoto. Ma devo farmela bastare. Schiaccio l’acceleratore e mi lancio a velocità folle attraverso il bosco. Proprio mentre sto scendendo dal pendio, la spia della batteria lampeggia e i fari si spengono. Porc... Il paraurti non riuscirà a reggere più di tante collisioni. Ma finalmente raggiungo la fine del bosco nero, come l’inchiostro. La colonna di energia è proprio davanti a me. Mi dirigo a tutta velocità al centro della colonna e tutto diventa nero... Qualche istante dopo, con sollievo, mi ritrovo davanti al mio garage. Io e la mia auto gemiamo e sospiriamo in sintonia. Siamo sopravvissuti con successo a un altro viaggio nella Zona.
Si parte sempre dal garage
«Pacific Drive» è un gioco di sopravvivenza che consiste principalmente nel collezionare risorse, viaggiare e riparare cose. La maggior parte del tempo la trascorri in auto. Prima di giungere a questa complicata odissea, il gioco sviluppato dagli Ironwood Studios, era iniziato con una tranquilla escursione nel bosco. Dalla radio risuonava un gradevole indie rock. Gli alberi frusciavano nel vento. Ma all’improvviso un enorme portale mi ha risucchiato e mi ha risputato nella Olympic Exclusion Zone. Il gioco non rivela chi sono né che cosa faccio qui.
La Zona è un’area interdetta, in un qualche punto degli Stati Uniti. Si dice che qui accadano cose strane. Di che cosa si tratti, la gente non l’ha mai saputo con esattezza. Il governo ha recintato un’area molto estesa. Le voci che al mio arrivo mi salutano via radio ovviamente lo sanno bene. Mi guidano fino a un’officina abbandonata, dove la prima cosa che faccio è rimettere in sesto la mia auto malridotta. Ed è qui che inizia il gioco vero e proprio.
La storia è raccontata principalmente attraverso messaggi radio. Dalla radio senti regolarmente la voce di Oppy, 78 anni, proprietario dell’officina, e di Tobias e Francis, due tizi che, per hobby, si interessano della Zona. Mi guidano sempre più dentro la Zona e mi spiegano di cosa si tratta – quando non bisticciano. Sembra che in passato sia accaduto qualcosa che ora li fa litigare costantemente. I dialoghi sono in inglese e l’audio è di ottima qualità. Fin dal primo istante sono molto coinvolgenti e mi raccontano una storia fantastica su un esperimento riuscito male. Trovo regolarmente anche delle cassette audio della giornalista investigativa Chiaki, che colmano le lacune su quanto è accaduto attorno alla Olympic Exclusion Zone.
Dal garage parto per fare spedizioni nella Zona. Là raccolgo risorse e cerco di riporle indietro tutte intere, assieme alla mia automobile. Il motivo per cui la cosa non è scontata è legato alle particolari caratteristiche della Zona. Un sacco di cose mi ricordano la Chernobyl della serie «Stalker». Il clima è impazzito, ci sono radiazioni pericolose in molti punti e le anomalie sono all’ordine del giorno. Queste ultime assumono una grande varietà di forme. L’«Apriscatole» è una sega circolare gigante che si muove lungo il pavimento. Preferisco che la mia auto non ci si avvicini troppo. Il «Rottame» è una macchina incidentata apparentemente anonima. Ma i suoi pistoni spuntano dal terreno e trasmettono corrente al suolo. È facile immaginare che cosa succede, invece, con il «Dissuasore». Nel punto in questione compaiono improvvisamente delle formazioni rocciose che ti bloccano la strada.
Quasi un simulatore
La Zona è divisa in tre parti e più mi avvicino al centro, più le condizioni e le anomalie peggiorano. Soprattutto all’inizio, io e la mia auto siamo estremamente soggetti a ogni tipo di confronto.
Faccio di tutto per mantenere in buono stato la mia fidata station wagon, così amata negli USA. In fondo, siamo una squadra. Qui da noi conosciamo questo tipo di vetture soprattutto grazie ai vecchi film hollywoodiani. Il gioco è opportunamente ambientato nel 1998. All’inizio del gioco, l’auto è un vero e proprio catorcio. Ma grazie alle risorse raccolte nella Zona, non solo posso attrezzare il garage con nuovi strumenti, ma posso anche potenziare la mia auto. Ed è una cosa assolutamente indispensabile, se non voglio continuare a cambiare pneumatici dopo ogni giro nel sottobosco.
«Pacific Drive» sembra quasi un simulatore. Ti trovi a smontare e rimontare manualmente alcune parti dell’auto. Il riflettore extra sul tetto lo costruisci prima sul banco di lavoro, poi lo monti sul veicolo. E lo installi sul relativo supporto che devi avere montato prima. Lo stesso vale per le continue riparazioni che ti tocca fare. Con una specie di supercolla rattoppi le crepe nella carrozzeria. Il kit di sigillatura rimette in strada gli pneumatici forati. Mentre con il kit elettrico i fari tornano a far luce alla massima potenza.
Man mano che si aggiungono upgrade, la mia auto assomiglia sempre di più alla DeLorean di «Ritorno al futuro». Ho anche la possibilità di decorarla. Ad esempio, aggiungendo un pianeta luminoso come pomello del cambio, o un cane in una tuta spaziale che muove la testa sul cruscotto o lamine colorate per la carrozzeria. Dopo qualche ora, sento di essere più affezionato alla mia auto che a qualsiasi altro compagno animale che abbia mai incontrato in un videogame, ad eccezione forse di Rutilia/Roach di «The Witcher 3».
Pimp my car
Per fare delle migliorie, oltre al materiale adatto, mi serveanche un progetto idoneo, che attivo sulla macchina di lavorazione. Anche questa ha bisogno di risorse e dell’energia delle ancore. L’energia, come qualsiasi altra cosa, si trova nella Zona vicino ai cosiddetti stabilizzatori, i quali fanno esattamente quello che il nome lascia supporre. Se rimuovo un’ancora a forma di sfera, la Zona si destabilizza e aumentano gli eventi negativi. Nella Zona, le ancore servono anche per aprire il portale che mi teletrasporta al garage. Il tutto avviene con l’apertura del presunto raggio della morte di cui parlavo all’inizio. Allo stesso tempo, si forma rapidamente un cerchio che, come in ogni Battle Royale, va evitato a ogni costo.
«Pacific Drive» contiene una grandissima quantità di upgrade per il veicolo e anche qualcuno per il conducente, ovvero per me. Ad esempio, uno zaino più grande o un pullover che non conduce energia e che quindi aumenta del 30% la protezione dalle scosse elettriche. Non so proprio quale lana magica abbiano utilizzato per farlo. La prima modifica che faccio all’auto è cambiare gli pneumatici estivi con pneumatici da fuoristrada, più stabili. La carrozzeria viene potenziata con delle lastre di ferro. Poi metto una schermatura al cofano, in modo che assorba le scosse elettriche. Sui lati monto dei telai per turbine eoliche e dei parafulmini. E sul sedile posteriore modificato metto una batteria di scorta.
Raramente ho trovato un gioco dove gli upgrade danno così tanta soddisfazione. È l’esatto contrario dei miglioramenti incrementali della probabilità di successo di «Suicide Squad: Kill the Justice League», che miglioravano la situazione solo di qualche punto percentuale. Qui ogni singolo upgrade è utilissimo e mi interessa sbloccarli tutti. Anche perché lavorare sulla macchina è davvero molto divertente.
Rottamo e raccolgo
Una volta che io e il mio veicolo siamo pronti a partire per la Zona, seleziono la mia destinazione su una mappa. Parto sempre dal garage. A parte qualche scorciatoia via superstrada, devo muovermi da un punto nodale all’altro. Inoltre, non posso saltare i luoghi dove ho già viaggiato. Sulla mappa posso vedere lo stato in cui si trova il punto nodale, ad es. se in quel punto è in atto una tempesta o quante risorse ci sono disponibili.
Trovo le risorse in edifici, che a volte devo forzare con un piede di porco, in casse, zaini o rottamando veicoli e dispositivi elettronici. Per farlo uso il cosiddetto rottamatore (e come altro potrebbe chiamarsi?): una specie di motosega che fa a pezzi le portiere, gli pneumatici e i fari delle auto. Raccolgo i singoli pezzi a mano o con un pratico aspirapolvere. C’è tutta una serie di attrezzi disponibili per recuperare le risorse che si rompono con il tempo, proprio come il mio veicolo.
Il principio del gioco può sembrare ripetitivo. Ma è proprio questo ciclo continuo che mi motiva ogni singola volta. Anche perché ogni singolo viaggio è emozionante. Infatti, ho sempre il timore di chiedere troppo alla mia buona stella.
Guidare con passione
La guida in sé è molto diversa da quella dei simulatori di guida in stile «Forza Horizon». Come per le riparazioni, sono necessarie molte singole operazioni. Comincio premendo un pulsante per aprire la portiera del lato conducente e salgo. Quindi giro la chiave di accensione e avvio il motore. Seleziono poi la leva del cambio e innesto la marcia. Fari, tergicristalli, luci interne, radio: tutto si controlla manualmente. Posso anche regolare il volume direttamente sulla radio. Geniale. Urge il comando diretto attraverso il puntamento. Quasi ogni pulsante del controller ha già una doppia assegnazione. All’inizio, i controlli risultano piuttosto complicati, come anche la struttura dei menu. Ma ti basta qualche ora per acquisire una certa familiarità, proprio come con l’auto.
Tuttavia, non ci penso proprio a sfrecciare per la Zona a palla. Le strade sono troppo dissestate, le anomalie troppo frequenti e il meteo imprevedibile. Nella maggior parte dei casi mi muovo con prudenza attraversando paesaggi disabitati. Gioco su PC con il controller Dualsense della PS5. Mentre nella maggior parte dei giochi i tasti trigger adattivi dopo qualche ora mi danno sui nervi, qui invece migliorano di molto l’esperienza di guida. Questo premere energicamente sui tasti trigger mi dà la sensazione di un’auto pesante, come ci si aspetterebbe da una station wagon tenuta insieme con nastro adesivo e colla. E le lievi vibrazioni che sento quando nella mia auto qualcosa non va o quando si sta avvicinando un pericolo, rendono questo gioco già nervoso ancora più logorante.
«Pacific Drive» potrebbe sembrare un simulatore di gite domenicali, ma io ho la sensazione di essere costantemente in pericolo. Non solo quando è il momento di stringere il volante e lanciarsi verso il portale di salvataggio il più velocemente possibile. Anche quando le condizioni meteo sono decenti e io vago semplicemente di casa in casa alla ricerca di risorse: non so mai se un drone mi sequestrerà l’auto o se un guasto imprevisto manderà in fumo i miei piani. Anche le decisioni sbagliate possono mettere rapidamente fine a un’uscita finora riuscita. Scendo dalla macchina per aspirare benzina da un’auto abbandonata, rischiando di essere catturato dal cerchio della morte? Oppure continuo a guidare e corro il rischio che l’auto si ingolfi sul più bello?
Questa tensione costante è data dall’atmosfera straordinaria del gioco. La Zona è piena di edifici e macchine misteriose. E ci sono «turisti» ovunque. Queste anomalie sembrano persone ibernate, macabri testimoni del momento della catastrofe. Se mi avvicino troppo, esplodono.
Grazie all’Unreal Engine 4, «Pacific Drive» ha una grafica incredibile. A momenti i raggi del sole filtrano tra le chiome degli alberi e trasformano la nebbia in un mare purpureo. Poi improvvisamente inizia a piovere a dirotto, intorno a me cadono fulmini e io devo riparare verso il tepore della mia macchina accogliente, i cui fari mi richiamano in lontananza. Gli effetti di illuminazione sono assolutamente strabilianti. In momenti come questo, quasi dimentico che la pioggia acida irradiata corrode me e la mia auto e che dovrei darmela a gambe prima possibile.
Le uscite vanno pianificate
Il gioco di sopravvivenza «Pacific Drive» corrisponde proprio alla descrizione del suo genere. Se io o la mia auto schiattiamo, per fortuna veniamo teletrasportati indietro al garage. Solo che l’auto sarà quasi completamente distrutta e io avrò perso tutto il bottino raccolto, almeno per il momento. Ma come avviene nei Soulslike, posso tornare nel luogo in cui sono morto e recuperare risorse da un relitto bruciato.
Per evitare che i miei bellissimi upgrade vengano distrutti nella Zona, preparo le uscite nel miglior modo possibile. Comincio dalla manutenzione dell’auto, che include il rifornimento di carburante, la ricarica della batteria e le eventuali riparazioni. Infatti, con il tempo nel veicolo compaiono dei difetti. Si può trattare di malfunzionamenti innocui, come l’accensione improvvisa della radio. Ma possono essere anche più problematici, come il volante che ruota improvvisamente o la porta che si apre di colpo. Ti conviene documentare questi difetti con precisione. Solo così, una volta nel garage, potrai usare lo strumento di analisi per capire come eliminare il guasto. Per farlo dovrai scegliere correttamente quattro stati e il dispositivo ti darà la soluzione. Attenzione, però, a distinguere tra un vero guasto e una caratteristica di progettazione. Una volta credevo di avere individuato un nuovo guasto, per poi rendermi conto che la marcia che si inserisce automaticamente quando salgo a bordo non era un guasto, bensì l’aggiornamento del sistema di parcheggio che avevo installato.
Conclusione: amo il mio rottame
«Pacific Drive» è diventato proprio il gioco che speravo. L’Olympic Exclusion Zone è una misteriosa area interdetta che ti fa venire voglia di esplorarne ogni angolo. La storia è raccontata in modo avvincente da grandi narratrici e narratori. Dal punto di vista grafico, «Pacific Drive» è un sogno. Non smetterei mai di ammirare il modo in cui i fari della mia fidata station wagon fendono il buio la notte.
La macchina è la vera protagonista del gioco. A cominciare dalla guida brusca ma piacevole, passando per i tanti upgrade che devo installare a mano, pian piano viene a instaurarsi una vera e propria relazione. Le tante interazioni manuali ricordano un simulatore e sono fondamentali per darti l’impressione che l’auto sia una cosa viva. Mi piace il fatto di dover girare la chiave per accendere l’auto, di dovere attivare le luci interne o guardare verso il sedile del passeggero per consultare la mappa.
Sono persino segretamente felice dei guasti, perché così ho la possibilità di creare un nuovo attrezzo. «Pacific Drive» è un power fantasy per appassionati di meccanica. Non importa quanto è scassata la mia auto: la rimetterò in sesto. E ad ogni nuova statuina che appoggio sul cruscotto o ad ogni adesivo che decora lo sportello del bagagliaio, mi affeziono sempre di più al mio bolide. Il fatto che di tanto in tanto batta in testa, lo interpreto come una maldestra dimostrazione d’amore. In fondo lo facevano anche i miei figli.
Anche il livello di difficoltà è perfetto. La Zona è minacciosa, ma il gioco non è mai ingiusto. Se fallisco, miracolosamente in garage c’è sempre una nuova auto incidentata da rottamare o un cassonetto magico che sputa fuori qualche pezzo di ricambio.
L’unica critica che mi sento di fare è che le stazioni radio hanno bisogno di una selezione di musica più ampia. La colonna sonora è il sottofondo perfetto per viaggiare in macchina in solitaria. Ma dopo più di 20 ore ci sono certe canzoni che proprio non reggo più.
Per il resto, "Pacific Drive" è un viaggio indimenticabile che non dovresti perdere.
«Pacific Drive» è disponibile dal 22 Febbraio per PC e PS5. Ho testato la versione per PC che mi è stata fornita da Kepler Interactive.
Immagine di copertina: Studi Ironwood
Philipp Rüegg
Senior Editor
Philipp.Rueegg@digitecgalaxus.chVado matto per il gaming e i gadget vari, perciò da digitec e Galaxus mi sento come nel paese della cuccagna – solo che, purtroppo, non mi viene regalato nulla. E se non sono indaffarato a svitare e riavvitare il mio PC à la Tim Taylor, per stimolarlo un po' e fargli tirare fuori gli artigli, allora mi trovi in sella del mio velocipede supermolleggiato in cerca di sentieri e adrenalina pura. La mia sete culturale la soddisfo con della cervogia fresca e con le profonde conversazioni che nascono durante le partite più frustranti dell'FC Winterthur.