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Moon Knight: finalmente la verità su Steven e Marc?
Il penultimo episodio di «Moon Knight» porta con sé qualche lacrimuccia. Ma cos'è veramente il manicomio adesso? Ho la mia teoria.
In realtà, non erano previste altre recensioni di episodi delle serie Marvel. Il lavoro per ogni episodio è troppo grande, mentre la fetta di pubblico interessato troppo piccola. Questo è stato il ragionamento dei miei capi. E questo non è un rimprovero: i nostri dati interni dimostrano che hanno ragione. Sono rimasto comunque deluso. E, a quanto pare, anche la Community.
![Sì, cara Community, anche tu hai un impatto!](/im/Files/6/3/0/7/7/5/0/3/Kommentare_web.jpg?impolicy=resize&resizeWidth=430)
Poi il nostro collega – ma soprattutto amico – Dominik ci ha lasciati. Amava le mie recensioni degli episodi. Molto. Non potevo farne a meno: per il quarto episodio, non ho dato retta ai miei capi. Per lui. Per me. Era il mio modo di elaborare la perdita. E la recensione dell'episodio precedente ha funzionato così bene, che ho pensato di continuare. Ad ogni modo per «Moon Knight». Dopo di che, vedremo.
Quindi: prima di iniziare ricorda che questa è la recensione di un episodio e contiene spoiler. Quindi guarda prima il quinto episodio di «Moon Knight» e poi continua a leggere.
Alla fine del quinto episodio ne sappiamo tutti un po' di più. Lo ricordiamo bene: alla fine del quarto episodio, Marc Spector alias Steven Grant alias Moon Knight è stato colpito da Arthur Harrow. Oppure no? Perché improvvisamente Marc si sveglia in un manicomio. Lì, il dottor Harrow – Arthur, semplicemente vestito da medico – gli dice che ha solo immaginato tutta la sua vita fino ad ora.
WTF?
Il penultimo episodio della serie ci ha dato delle risposte? Sni. Ci ha dato due opzioni. O il dottor Harrow ha ragione. Ma onestamente, quali sono le possibilità che la Marvel si attenga effettivamente a questa narrazione piuttosto anti-climatica? Appunto. Rimane solo l'altra opzione. Ciò significa che... beh, non è così facile da spiegare. Esaminiamo la questione con calma.
La teoria di Luca: l'immaginazione nella memoria
La settimana scorsa ho spiegato che il creatore e regista della serie Mohamed Diab si ispira molto ai fumetti di «Moon Knight» dell'autore Jeff Lemire. Anche lì c'era il manicomio. Era un costrutto mentale nella testa di Marc, creato per rompere completamente la sua psiche.
Chi legge ancora i fumetti e quindi non vuole sapere chi c'è dietro e perché, continui a leggere dopo il prossimo paragrafo e l'immagine:
Dietro il costrutto c'è il dio della luna Khonshu in persona, che vuole finalmente fuggire dall'Altrovuoto – il luogo oltre la nostra dimensione dove gli dei egizi vivono in esilio. Può farlo solo rompendo la psiche del suo avatar, quindi la psiche di Marc Spector. In modo che possa impadronirsi del suo corpo.
![Il manicomio potrebbe quasi essere 1:1 della run di Lemire.](/im/Files/6/3/0/7/5/1/9/8/marc_in_asylum_web.jpg?impolicy=resize&resizeWidth=430)
Fonte: Marvel Comics
Ma come vanno le cose nella serie? La mia teoria è questa: Marc è Moon Knight. Niente di quello che abbiamo visto nella serie finora è stato immaginario. È successo tutto. Compresa la morte di Marc. Questo è anche quello che ci dice la dea ippopotamo Taweret sul manicomio. Si tratta di una manifestazione del Duat, il mondo sotterraneo egizio, creato dalla mente di Marc. Allo stesso tempo, però, è anche una nave sulla quale Taweret accompagna le anime verso il paradiso – verso Aaru, i campi dei giunchi.
Ma chi vuole davvero arrivarci deve prima superare una prova. Ogni cuore viene pesato sulla bilancia della giustizia, che mostra se una persona è stata buona o cattiva in vita. Solo quando il cuore pesa quanto la piuma della verità, la prova è considerata superata. Che i cuori di Marc e Steven – e forse di Jake? – sono tutt'altro che in equilibrio con la piuma era già ovvio.
Quindi, non c'è niente che riguardi il costrutto mentale per spezzare lo spirito di Marc. Il manicomio, l'aldilà, Taweret, i ricordi: tutto questo è reale. Ma che dire del dottor Harrow, che insiste sul fatto che sia tutto nella sua testa? Secondo me, lui è l'immaginazione, e il suo ufficio il luogo dove Marc si ritira quando i ricordi traumatici della sua infanzia minacciano di sopraffarlo. L'immaginazione nella memoria, per così dire. Io stesso devo fare acrobazie mentali per afferrare il concetto.
I traumi di Marc – diversi da quelli dei fumetti
I ricordi di Marc – e di Steven – sono assolutamente strazianti. E a un livello che non mi sarei mai aspettato da una serie Disney+. «Ci sono anche dei bambini che guardano», vorrei quasi dire cinicamente. Ma i creatori non si trattengono: abbiamo l'intera gamma di abusi psicologici quando il fratellino di Marc muore in un incidente e la madre incolpa Marc per tutta la sua vita. Fino alla sua morte.
È così che si è sviluppato il disturbo dissociativo d'identità di Marc, che ha creato Steven Grant, per nulla consapevole di tutta la sofferenza. Nemmeno dell'esistenza di suo fratello. La funzione di Steven è semplicemente quella di essere qualcosa come la «la pallina antistress» di Marc. Quando Steven si rende conto di questo, mi si spezza il cuore. Immagina di scoprire di non essere mai vissuto veramente, di non essere mai stato reale, e che tuttavia sei pieno di ricordi deliberatamente selettivi, ma non tuoi. Oscar Isaac lo interpreta così bene che devo trattenere le lacrime.
![Continuo a dimenticare che Oscar Isaac interpreta entrambi i ruoli. È come se fossero due persone diverse.](/im/Files/6/3/0/7/5/4/2/9/EWM0130_105_comp_ZOI_v0012.1022.jpg?impolicy=resize&resizeWidth=430)
Fonte: Marvel Studios
La serie sceglie quindi un'esperienza traumatica diversa da quella dei fumetti per spiegare la malattia mentale di Marc. Lì l'esperienza traumatica va così:
Chicago, quartiere povero, anni '30. Il pacifico rabbi Elias fugge dalla Germania nazista. Più tardi nasce suo figlio, Marc Spector. Volevano una vita migliore di quella in Cecoslovacchia, la loro patria. Ma già da bambino, Marc deve assistere incredulo alla costante discriminazione di suo padre senza mai reagire.
Solo uno resta al loro fianco: il rabbi Yitz Perlman. Almeno così sembra. Perché l'amabile Perlman si rivela essere un brutale disertore nazista e serial killer segreto, costantemente a caccia di ebrei. Perlman imprigiona Marc e lo tortura. Fino agli abissi della follia e oltre.
Marc riesce a liberarsi dalle grinfie del suo aguzzino, ma le sue azioni hanno lasciato delle tracce: sviluppa un disturbo dissociativo dell'identità, una malattia mentale in cui identità multiple si alternano nella stessa persona senza ricordare cosa fanno o dicono le altre personalità.
Da militare a mercenario a supereroe
Da qui in poi, la serie e il fumetto tornano più o meno a coincidere. Marc lascia la sua famiglia. Entra nell'esercito, viene congedato con disonore perché si scopre la sua malattia mentale, e quindi diventa un mercenario. Un'alleanza con il sadico capobanda Raul Bushman porterà Marc a reperti archeologici che possono essere venduti sul mercato nero per molti milioni di dollari. Ma a Bushman non piace condividere. Fa fucilare gli archeologi che hanno viaggiato con lui – e Marc, perché si trova sulla sua strada.
Ma Marc non muore. O almeno non ancora. Marc, gravemente ferito, si trascina con le sue ultime forze fino alla tomba del dio della luna Khonshu. Poiché il Dio stesso non può prendere forma fisica sulla terra, Marc deve agire come suo avatar e compiere la sua volontà. Marc accetta. Il dio gli restituisce il corpo e lo dota di poteri soprannaturali.
Nasce Moon Knight.
![Khonshu, il dio egizio della luna, è colui che dà a Moon Knight le sue abilità.](/im/Files/6/3/0/7/5/4/7/0/temple_moon_knight_khonshu_web.jpg?impolicy=resize&resizeWidth=430)
Fonte: Marvel Comics
Così ora sappiamo tutta la storia di Marc. L'episodio finisce con Harrow nel mondo terreno che inizia a mettere in atto il suo piano malvagio. Marc deve impedirlo.
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La mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot».