In Svizzera le gelate tardive fanno sudare i frutticoltori
6/4/2022
Traduzione: Martina Russo
Anche quest’anno i frutticoltori svizzeri hanno dovuto affrontare le gelate tardive. In questo articolo ti racconto di come le combattono, perché il ghiaccio può aiutare e che effetto ha il gelo sul morale dei coltivatori di frutta. L'ho visto e vissuto in prima persona.
Da un paio d'anni a questa parte, quando arriva la primavera mio fratello Pascal è molto nervoso. Il motivo è molto semplice: nel momento in cui gli uomini e la natura pensano di essere fuori dall’inverno, arriva un colpo di coda. È successo anche quest’anno, ai primi di aprile. Neve fino a quote bassissime. Gelo di notte. Temperature sotto lo zero. Come se Natale fosse appena passato. E mentre a noi basta infilare di nuovo sciarpa e guanti, la natura deve affrontare queste condizioni completamente indifesa. O almeno, sarebbe completamente indifesa se non ci fosse mio fratello a tenere eroicamente testa al gelo. Pascal gestisce un’azienda frutticola a Egnach (TG) sul Lago di Cosanza, dove coltiva mele, pere e ciliegie.
Quando a fine marzo, studiando le previsioni del tempo, mi rendo conto che sarebbe tornato il gelo, decido spontaneamente di aiutare mio fratello a combattere il freddo. Così mi reco al Lago di Costanza, anche se non sono sicuro al 100% che io o la difesa anti-gelo saremo di alcuna utilità. Il gelo preannunciato, in effetti, arriva con grande intensità. Tuttavia, grazie a un’imprevista quanto provvida coltre di nubi, il calo delle temperature non è così brusco. La prima notte, quindi, riesco a trascorrerla nel mio letto caldo. Non è lo stesso per mio fratello, che passa tutta la notte in dormiveglia sul divano, con il cellulare vicino. Sullo smartphone ha installato un’app che invia i dati della sua stazione meteorologica. Se la temperatura scende sotto a -1°C, l’app invia subito un allarme. Per fortuna, questa notte le temperature si mantengono appena sotto lo zero.
Le gemme dei ciliegi sbocciano prima e così sono più a rischio
A partire da quale temperatura la situazione diventa critica? «Difficile dirlo in generale», spiega Pascal. Dipende dal grado di sviluppo delle gemme sui rami. Se la gemma è in uno stadio di sviluppo avanzato, è più delicata». Ecco perché gli alberi di ciliegie corrono più rischi degli alberi di mele o pere, a cui serve più tempo per svilupparsi.
Nel caso degli alberi di mele o di pere, diversamente da quanto accade con le ciliegie, esiste anche un metodo tanto efficace quanto sorprendente per proteggere i germogli dal gelo, ovvero l’uso del ghiaccio. «Spruzzando gli alberi con dell’acqua si forma uno strato di ghiaccio relativamente spesso intorno alla gemma, che resta quindi isolata a una temperatura quasi costante di zero gradi».
Ma mio fratello non ha un impianto di irrigazione di questo tipo, motivo per cui la seconda notte dobbiamo recarci nel frutteto. Alle 2 del mattino la temperatura scende sotto -1°, mettendoci in ginocchio. Per fortuna, solo letteralmente. Dobbiamo infatti accendere circa 400 candele, che mio fratello ha posizionato la sera prima tra gli alberi.
Mentre mi sposto da una candela all’altra, armato di bruciatore a gas e cubetti accendifuoco, di tanto in tanto scruto il cielo senza nubi. Nonostante le temperature sotto lo zero, inizio ben presto a sudare. Dopo poco tempo l’area è completamente illuminata dalla luce calda delle candele. La scena ricorda un po’ una festa indiana. O il consesso segreto di una qualche setta.
Nonostante il gran numero di candele, il loro contributo alla lotta contro il gelo è minimo. «Intanto non sono particolarmente efficienti. In secondo luogo, servirebbero migliaia di candele per proteggere tutto il frutteto», spiega mio fratello. «Le candele riscaldano solo un po’ l’aria. Ma questo basta per creare una circolazione d’aria e impedire che quella più fredda ristagni negli strati più bassi». Poiché è evidente che le gelate tardive saranno ormai la regola invece che l'eccezione, Pascal si è procurato altre armi. Questa notte è il momento giusto per usare anche le FrostGuard, le macchine antibrina. Si tratta di due ventole azionate a gas che producono un flusso d’aria calda fino a 100° C. Una FrostGuard è in grado di proteggere circa un ettaro di terreno.
Ma il pezzo forte del suo «arsenale», come ama chiamarlo Pascal, è il Fog Dragon (in italiano «drago della nebbia») che ha comprato due anni fa. Si tratta di un rimorchio chiuso che mio fratello guida per tutto il frutteto fino a mattino avanzato.
Mentre mi muovo tra i filari di alberi protetto dai pantaloni antipioggia e da una pesante giacca, vedo in lontananza avanzare i fari del trattore che traina il Fog Dragon. Il nome «drago» è calzante, perché oltre al fumo, la macchina produce anche un bel po’ di fiamme. Il motivo è che al suo interno arde un grosso fuoco alimentato a legna. Le particelle di fumo vengono disperse nel frutteto insieme al vapore acqueo. Questa nebbia di fumo e vapore acqueo crea una sorta di coperta che impedisce che il calore del terreno si disperda verso l'alto. Bene per le gemme, non così bene per me, che mi becco una dose non indifferente di aria impregnata di fumo.
Nel 2017 il gelo ha provocato danni in tutto il paese per un totale di 100 milioni di franchi
Mio fratello traina il rimorchio attraverso il frutteto senza pausa, dalle 2 fino quasi alle 9 del mattino. A me va un po’ meglio. Perché, una volta accese tutte le candele insieme alla moglie di Pascal, intorno alle 5 posso andare a letto. L’intervento di questa notte è costato a Pascal circa 5000 franchi, tra candele, gas e ammortamento del drago della nebbia. Soldi ben investiti, afferma. «Se non avessi fatto niente, probabilmente avrei avuto un calo del raccolto delle ciliegie di oltre il 60%. Le gemme delle mele sono più resistenti. Ma anche se la gemma è solo parzialmente rovinata, non riesce a produrre un frutto di grandi dimensioni. Quindi io non posso venderla come frutta da tavola, ma soltanto come frutta da mosto». Chiedo a mio fratello: «Perché non stipuli un’assicurazione?» – «Tanto per cominciare, l’obiettivo di un frutteto non è quello di sopravvivere grazie ai soldi delle assicurazioni. E comunque i premi sono piuttosto alti».
Non c’è da stupirsi, considerati i frequenti danni causati dalle gelate degli ultimi anni. «Nel 2017 abbiamo avuto un gelo estremo che ha provocato la perdita totale dei raccolti e danni stimati per 100 milioni di franchi», racconta Beatrice Rüttimann, portavoce dell’Associazione svizzera frutta. Ecco perché molti altri frutticoltori investono, come Pascal Stacher, nella lotta al gelo. «Ma limitarsi a questo non sarà sufficiente», la Rüttimann ne è convinta. È molto meglio coltivare nuove varietà più resistenti al freddo e in grado di convivere meglio con il gelo. «Sulla base delle tante segnalazioni di frutticoltori, deduco che anche quest’anno ne siamo usciti piuttosto acciaccati, perché di norma non tutte le regioni sono colpite allo stesso modo», conclude la Rüttimann. Ma non è ancora giunto il momento per i coltivatori di frutta di riprendere fiato. Chi può saperlo? Magari a maggio, intorno ai Santi di ghiaccio, all’inverno salterà in mente di tornare a farci visita. «Non bisogna dimenticare, però, che la natura lavora quasi per eccesso. Perché in fin dei conti basta che il 10% circa dei fiori produca frutti per avere un buon raccolto», spiega la Rütimann. Attualmente l’Associazione svizzera frutta è fiduciosa che in estate si riuscirà a raccogliere frutta a sufficienza.
La causa dei danni delle gelate? Il riscaldamento globale
Per quanto possa sembrare paradossale, le gelate tardive sono causate dai cambiamenti climatici e, dunque, dal riscaldamento globale. «A causa del riscaldamento globale e quindi delle temperature più elevate le piante iniziano a fiorire prima, spesso già a marzo», spiega Gaudenz Flury, meteorologo presso SRF Meteo. «Faccio un esempio: tra il 1900 e il 1960 difficilmente un ciliegio fioriva prima di aprile. Oggi la comparsa prematura dei boccioli a marzo è ormai più la regola che l’eccezione». Il rischio del gelo è quindi una corsa a tempo tra l’inizio della fioritura e le «ultime» gelate, fenomeni che tendenzialmente si verificano entrambi sempre prima. «È un problema di cui dovremo occuparci anche in futuro. Perché le piante fioriranno sempre prima», conclude Flury. In futuro continueremo ad affrontare periodi di gelo, anche se la probabilità di gelate tardive diminuirà a causa del riscaldamento terrestre.
Appena prima di addormentarmi lancio uno sguardo fuori dalla finestra e vedo le candele brillare tra le piante. Si sentono distintamente anche le due ventole dell’aria calda e Pascal sul suo trattore. Una domanda mi sorge spontanea: «Ma non è paradossale? Mio fratello, appena passato al biologico con la sua azienda, sta bruciando centinaia di candele di paraffina e gas per combattere le conseguenze del riscaldamento climatico». Mi riprometto di parlarne con lui e mi addormento cullato dal rumore del trattore.
Le candele si possono spegnere prima del previsto
Sono le 8.30 del mattino. Mi sveglio dopo poco più di quattro ore di sonno e guardo fuori: le candele sono spente e i qualcuno dei secchi di metallo ha già il coperchio sopra. Come scopro più tardi, i collaboratori di Pascal hanno spento le candele già dopo quattro ore, anche se teoricamente hanno una durata di circa otto ore. La mattina, quindi, non era così freddo come si temeva.
Più addormentato che sveglio, mi preparo un caffè in cucina, lo verso in un thermos e mi dirigo fuori, dove c’è mio fratello. Pascal continua a girare con il suo trattore in mezzo al frutteto. Stanco ma visibilmente soddisfatto, si allunga per prendere il thermos con il caffè. «Solo al primo raccolto vedremo se ne sono uscito con le ossa rotte». Non bisogna dimenticare, poi, che devono ancora passare i Santi di ghiaccio, «e fino ad allora può succedere ancora».
Prima che salga sul treno verso casa, una volta ripreso dalla nottata, devo fare a Pascal la fatidica domanda che mi era venuta in mente prima di addormentarmi. «Pascal: non è un po’ assurdo che tu combatta le conseguenze del riscaldamento climatico accendendo candele e bruciando gas?»
Mio fratello non ha paura di dare una risposta rapida e, secondo me, illuminante. «Sono tutte cose a cui penso anche io. Ma alla fine è sempre una questione di equilibrio.» In ultima analisi è convinto che la sua lotta contro il gelo non valga soltanto a livello economico, ma anche ecologico. «Ogni anno produco circa 400 tonnellate di frutta nel mio podere. Se il gelo distrugge gran parte dei miei frutti, questi dovranno essere importati dall’estero, perché la domanda sarebbe molto superiore all’offerta». È quindi convinto, nel complesso, di produrre con un buon bilancio ecologico. «Un frutteto assorbe la stessa CO² di un bosco». Bisognerebbe poi considerare la parola «sostenibilità» in modo globale. «Se nella peggiore delle ipotesi dovessi perdere la mia azienda perché ogni anno il gelo causa gravi perdite ai raccolti, anche questa eventualità non sarebbe sostenibile, tutto considerato».
Ma naturalmente ci sono potenziali di miglioramento anche nella lotta al gelo. «A livello pratico bruciare le candele non è l’ideale. E se riuscissi ad alimentare le FrostGuard con il biogas sarebbe fantastico».
Pascal è convinto che il suo intervento sia valso la pena, perché con tutto ciò che abbiamo fatto siamo riusciti ad aumentare in modo decisivo la temperatura di un paio di gradi. Altra cosa importante: siamo riusciti a testare e a far pratica con l’«armamento». Perché su una cosa non c’è ombra di dubbio: le gelate tardive sono un problema che mio fratello dovrà affrontare anche in futuro. Ma di anno in anno il suo nervosismo primaverile sarà sempre meno evidente. Il gelo lo farà lavorare, ma non lo farà più sudare.
Martin Rupf
Senior Editor
martin.rupf@digitecgalaxus.chDoppiamente papà, terzogenito, fungiatt, pescatore, danese per metà, spettatore hardcore e campione di gaffe.