OLED Evo G3 alla prova: il ritorno di LG ai vertici
LG ha dominato per lungo tempo il mercato dei TV OLED. Poi Samsung ha fatto il botto con i QD-OLED. Ma il cambio di testimone tra le due case potrebbe già essere terminato, perché l’OLED Evo G3 di LG è semplicemente superlativo.
LG deve aver vissuto il 2022 molto male. La sua divisione OLED è stata battuta proprio da quel concorrente che per anni non aveva voluto saperne di display OLED nei televisori: Samsung. Tra tutti, proprio lei. Non stupiamoci, quindi, se il grande ritorno avviene già quest’anno. LG si presenta nell’arena con due nuovi miglioramenti:
- Un nuovo strato di microlenti (MLA) nel pannello OLED.
- Un algoritmo migliorato per una luminosità di picco ancora maggiore.
Insieme, questi elementi costituiscono le basi della tecnologia META, questo altisonante termine di marketing che in realtà c’entra molto meno con il marketing di quanto si potrebbe pensare. Perché lo scopo della tecnologia META è aumentare la luminosità del pannello. E di molto. Con questa tecnologia LG non vuole solo raggiungere Samsung, ma addirittura superarla. Appena un anno fa non avrei pensato che LG potesse farcela. Dopo tutto, è Samsung ad avere il futuro in mano con i suoi pannelli (QD-)OLED. La tecnologia (W)OLED di LG, precedente ma ormai già del tutto sfruttata, verrebbe sostituita lentamente ma in modo certo.
Oh, quanto mi sbagliavo.
Premessa-disclaimer: il televisore per il test, ovvero la versione da 65 pollici del G3, mi è stato messo a disposizione da LG.
Design: sempre piatto e rettangolare
La «G» in G3 identifica il design «Gallery». Questo nome ci ricorda infatti che il G3 sta bene appeso al muro, come un quadro in una galleria d’arte. A livello di forma il televisore ha uno spessore uniforme, ovvero 2,4 centimetri. L’obiettivo (al momento di questa recensione) è creare l’illusione di un murales da 3600 franchi. Un vero spettacolo che probabilmente acquisteranno solo i maniaci dei televisori.
Se anche tu sei come loro e devi posizionare il televisore davanti a una finestra o una vetrata, come a casa mia, la mancanza di pareti potrebbe essere un problema. Per fortuna puoi ricorrere a supporti acquistabili separatamente. Costo: circa 200 franchi. Problema risolto. Tra il bordo inferiore del televisore e il mobile ci sono poco più di cinque centimetri. Questo spazio ridotto può essere un problema per alcune soundbar, come la HT-A7000 di Sony, che ho testato l’anno scorso: se il sensore a infrarossi del telecomando è coperto, accendere e spegnere il televisore diventa problematico.
Per il resto, LG resta fedele al design Gallery e presenta un televisore moderno e sottile, con bordi stretti e senza inutili fronzoli a cui si aggiunge l’elegante cornice in alluminio sul lato anteriore. L’effetto è di gran classe. Sul retro, la pratica copertura in plastica nasconde le connessioni e aiuta a gestire i cavi. Come sempre, un design complessivamente solido.
Veniamo alle specifiche. Ecco cosa ti offre il G3 di LG:
- 4 porte HDMI 2.1 (4K 120 Hz, ALLM, QMS, FreeSync Premium Pro e HDMI Forum VRR)
- di cui una con eARC (HDMI 2)
- 3 porte USB 2.0
- 1 uscita per Toslink
- 1 porta LAN
- 1 slot CI
- connessioni dell’antenna
- Bluetooth 5.0
- compatibilità con Apple AirPlay 2, Apple HomeKit, Google Home e Amazon Echo
Tutti e quattro gli ingressi HDMI supportano HLG, HDR10 e Dolby Vision. Manca solo l’HDR10+. Peccato. Ma in realtà è un formato poco diffuso: finora ho visto solo pochi contenuti in HDR10+ su Amazon Prime Video. Per contro, una caratteristica molto positiva è la funzione pass-through per i segnali audio Dolby Atmos e DTS 5.1. Funzione che ti serve se utilizzi un dispositivo esterno come sorgente. Ad esempio, un lettore Blu-ray UHD. Purtroppo non ho potuto verificare se la funzione pass-through funziona anche con il DTS:X perché la mia soundbar – una Sonos Arc – supporta al massimo solo il DTS 5.1 Surround.
Ora due parole sul peso. Senza il piedistallo il televisore pesa 23,9 kg. Quindi se vuoi montare il televisore alla parete ti serve un supporto VESA 300×300 mm. La serie G, però, lo include già nella fornitura. Quindi devi comprare solo il piedistallo, se ti serve. Con il piedistallo il televisore pesa 28,1 kg.
Dimensioni: l’LG G3 supera i pannelli QD-OLED di Samsung dello scorso anno
Stai per leggere alcune informazioni dettagliate. Se le tabelle e i grafici non ti interessano, puoi saltare tutto e passare direttamente al capitolo «L’immagine: qualità da riferimento degna degli OLED con il consueto potente processore». Da lì in poi trovi le mie impressioni soggettive, con un sacco di materiale video.
Quindi ho misurato tutte le modalità dello schermo del televisore con uno strumento professionale di «Portrait Displays». Da «Standard» a «Cinema» fino a «Dolby Vision Cinema Home», senza calibrazione e senza modificare manualmente le impostazioni, ovvero nel modo in cui la maggior parte dei comuni mortali utilizza un televisore. Perché in fondo ti interessa solo sapere se un televisore è preciso e riproduce fedelmente i colori anche senza costose calibrazioni professionali. L’unica modifica che ho fatto è stato impostare in tutte le modalità la luminosità massima più alta.
I valori migliori per tutti i tipi di contenuti – ad eccezione dei giochi, per i quali dovresti sempre utilizzare il «Game Mode» – si ottengono con la modalità «HDR Cinema Home». I valori riportati più sotto fanno quindi sempre riferimento a questa modalità.
La luminosità massima
Quando all’inizio dell’anno LG ha annunciato al CES 2023 di Las Vegas la sua intenzione di ridefinire la massima luminosità possibile dei TV OLED con i suoi pannelli Evo, sono rimasto senza parole. Si parlava di una luminosità di picco di ben 2100 nit. Si tratta di livelli LCD. Chiunque avesse azzardato promesse del genere un anno prima sarebbe stato considerato un folle.
Alla LG, però, non sono folli, ma geniali. Aggiungendo un nuovo strato al pannello – detto MLA, ovvero Micro Lens Array – microlenti convesse consentono di raggruppare e incrementare la luce prodotta. LG parla addirittura di 5000 lenti per pixel. Facciamo due conti: con una risoluzione UHD di 8,3 milioni di pixel OLED, stiamo parlando di quasi 42 miliardi di microlenti sul display. Una bomba. L’MLA, tuttavia, è disponibile solo fino ai 77 pollici.
Un’altra novità è il cosiddetto META Booster, un algoritmo che aumenta in modo puntuale la luminosità massima. A tutto questo si aggiungono un dissipatore in più, già in uso lo scorso anno, e la presenza del deuterio, particolarmente resistente al calore, nella composizione del pannello. Lo schermo può così assorbire ancora più energia – e quindi risultare più luminoso – senza surriscaldarsi e senza aumentare il rischio di burn-in. Tutto questo ha un unico nome: META Technology.
Diamo quindi un’occhiata alla luminosità del G3. Nel grafico faccio un confronto diretto tra l’S95B di Samsung e l’A95K di Sony, che acquistano entrambe pannelli QD-OLED dagli stabilimenti Samsung. Lo scorso anno sono stati i primi pannelli OLED a superare la soglia dei 1000 nit alla luminosità massima di picco. Il pannello G2 di LG si era classificato subito dietro, anche se di poco.
Ma quel «poco» il pannello del G3 di LG l’ha recuperato alla grande. Anzi, il G3 di LG ha tutte le intenzioni di sbaragliare la concorrenza. Senza mezze misure. Spoiler: LG è arrivato, ha brillato e ha vinto.
Nit è l’unità di misura inglese per candela per metro quadrato (cd/m²), vale a dire la luminanza o luminosità. 100 nit corrispondono all’incirca alla luminosità della luna piena nel cielo notturno. Grafico: Luca Fontana / Flourish.Il grafico ha due assi: l’asse verticale rappresenta la luminosità, mentre quello orizzontale le dimensioni della sezione in cui viene misurata la luminosità. Al due percento delle dimensioni complessive dell’immagine, ovvero in modo puntuale e con zone d’immagine molto piccole, il G3 di LG raggiunge un valore complessivo quasi astronomico rispetto ad altri OLED, ovvero 1413 nit nella modalità «Cinema». Pazzesco!
Se effettuo la misurazione nella modalità Vivido del televisore, ovvero la più luminosa ma anche quella con la calibrazione più scadente, il dispositivo segna addirittura 1863 nit. Non sono esattamente i 2100 nit promessi al CES, ma sono comunque molto colpito.
Se si misura l’intera dimensione della finestra, però, la luminosità non è così astronomicamente elevata. In quel caso con i suoi 222 nit supera sì i valori del pannello QD-OLED dello scorso anno, ma non di tanto. Il G3 supera quindi ampiamente i 178 nit del pannello del G2 Evo dell’anno scorso. Me ne sono accorto immediatamente, non appena ho acceso il televisore per la prima volta. «Caspita, è luminosissimo», ho subito esclamato. LG è riuscito a fare un salto quantico per quanto riguarda la luminosità.
Il bilanciamento del bianco
Esaminiamo il bilanciamento del bianco del televisore. Nei televisori si genera il bianco quando i subpixel rossi, verdi e blu di ogni pixel si illuminano contemporaneamente e con la stessa intensità. Quindi la massima luminosità è data dal bianco più chiaro, mentre la minore luminosità è data dal nero più profondo. Se i subpixel si possono addirittura spegnere completamente, come nel caso degli OLED o dei QD-OLED, si parla di nero vero. Tutto quello che c’è in mezzo, altro non è che la scala dei grigi.
Per misurare la precisione del bilanciamento del bianco mi servono due tabelle:
- Delta E della scala dei grigi (dE)
- RGB Balance
Il dE della scala dei grigi mostra di quanto la scala dei grigi generata dal televisore si discosta dal valore di riferimento. L’RGB Balance mostra in quale direzione la scala dei grigi generata dal televisore si discosta dal valore di riferimento. Perché è importante? Vediamo l’esempio concreto del G3:
Se mettessi il televisore direttamente vicino a un monitor di riferimento, ecco cosa significherebbero i risultati:
- Con valori uguali o superiori a 5: la maggior parte delle persone riconosce la differenza rispetto al monitor di riferimento.
- Con valori compresi tra 3 e 5: soltanto persone esperte o appassionate riconoscono la differenza.
- Con valori compresi tra 1 e 3: soltanto persone esperte riconoscono la differenza, mentre anche gli appassionati hanno difficoltà.
- Con valori inferiori a 1: anche le persone esperte non riconoscono alcuna differenza.
Qualsiasi valore inferiore a 5 è un dato molto buono per un televisore non calibrato. Tuttavia finora nessuno dei televisori che ho testato è riuscito a raggiungerlo in modo continuativo. Il G3 di LG non fa eccezione. A partire da circa il 70 percento della luminosità totale possibile, il televisore supera la soglia di 5. Quindi, più il televisore è luminoso, meno il bianco è fedele. Il dE medio è però di ben 3,19 dE (dE Avg). Non è il miglior valore che ho riscontrato finora; il primato appartiene infatti al suo predecessore, il G2, con un dE medio di 2,19. Ma la differenza è talmente minima che anche professionisti farebbero fatica a notarla.
L’RGB Balance (in alto a destra nell’immagine) indica invece soltanto quanto il bilanciamento del bianco si discosta dal valore di riferimento. C’è un leggero riflesso blu perché i subpixel blu sono un po’ troppo luminosi. Ma, come ho già detto, lo scostamento è davvero minimo. È quindi molto improbabile che, quando guardi un’immagine, tu riesca effettivamente a percepire il riflesso blu. Soprattutto se non hai un riferimento su cui basarti. Giudizio ottimo, quindi, per il G3 di LG, appena uscito dalla scatola e senza alcuna calibrazione. Per lo meno nella modalità «Cinema Home».
La gamma cromatica
Continuiamo con la misurazione della gamma cromatica, ovvero la copertura degli spazi cromatici più comuni. Si tratta in particolare dei seguenti:
- Rec. 709: 16,7 milioni di colori, spazio cromatico standard per contenuti SDR come live TV e Blu-ray
- DCI-P3 uv: 1,07 miliardi di colori, spazio cromatico standard per contenuti HDR, da HDR10 a Dolby Vision
- Rec. 2020 / BT.2020 uv: 69 miliardi di colori, ancora poco utilizzato nel settore cinematografico e delle serie
La grande «macchia di colore», comprese le aree più scure, mostra tutta la tavolozza di colori percepibile dall’occhio umano. L’area più chiara a sinistra mostra lo spazio cromatico BT.2020. Stessa cosa a destra, ma con lo spazio cromatico DCI-P3, più piccolo. I quadretti bianchi indicano i limiti reali degli spazi cromatici. I cerchietti neri, invece, mostrano i limiti effettivamente rilevati durante la misurazione.
La misurazione dà le seguenti coperture degli spazi cromatici:
- Rec. 709: 100% (buona = 100%)
- DCI-P3 uv: 98,67% (buona = > 90%)
- Rec. 2020 / BT.2020 uv: 74,12% (buona = > 90%)
Il G3 fornisce un’eccellente copertura del 98,67 percento anche per l’importante spazio cromatico DCI-P3. Pertanto supera facilmente i concorrenti LCD come i televisori Mini LED di TCL e Neo QLED di Samsung: TCL, ad esempio, ha ottenuto «solo» l’86,11 percento. Finora solo i QD-OLED di Samsung e Sony hanno raggiunto una piena copertura del 100 percento nello spazio colore DCI-P3.
Veniamo allo spazio colore BT.2020: il G3 di LG lo copre «solo» per il 74,12 percento. Un risultato decisamente migliore rispetto al Mini LED di TCL che ho testato lo scorso anno e solo di poco superiore al Neo QLED di Samsung. Mi sarei però aspettato un valore migliore da un TV OLED. Ad esempio più vicino all’80 percento di copertura.
Il color error
Parliamo del color error, che in italiano chiamiamo fedeltà cromatica. Questo valore indica la fedeltà con cui vengono rappresentati i colori. Come già in precedenza per la scala dei grigi, anche lo scostamento del televisore dal valore di riferimento è indicato con dE. Le caselle bianche mostrano i colori di riferimento inviati al televisore dal generatore dell’immagine di test. I cerchietti neri, invece, mostrano i colori effettivamente misurati. Anche in questo caso i valori dE inferiori a 5 sono considerati buoni per televisori non calibrati.
I risultati delle misurazioni mi lasciano a bocca aperta. Il G3 di LG non ha solo una buona fedeltà cromatica di fabbrica nella modalità «Cinema Home», ma è quasi degno di essere preso come riferimento! In effetti, dopo 40 letture complessive ottengo un eccezionale dE medio dell’1,97. È la prima volta che mi capita di trovare un valore inferiore a 2. I precedenti migliori classificati, Sony e Samsung, con i loro pannelli QD-OLED avevano raggiunto un dE medio rispettivamente di 2,64 e 2,46. Congratulazioni, LG!
I riflessi sullo schermo
Di per sé, i riflessi sullo schermo non si possono misurare. Qualcuno di voi mi ha scritto, però, chiedendomi di fare qualche test anche su questo aspetto. Mi sembra un’ottima idea. Per eseguire il test, ricreo una situazione del tutto normale nel soggiorno: una foto alla luce del giorno, senza tende, tapparelle o persiane chiuse. Dietro di me c’è il forno e accanto al televisore la lampada a stelo. La luce della lampada a stelo si riflette sul vetro del forno alle mie spalle e viene proiettata sul televisore.
E questo è il risultato:
Il G3 di LG ha fatto passi da gigante anche nella gestione dei riflessi. In questo test il G2 risulta nettamente peggiore. Insieme alla luminosità complessiva nettamente migliorata, il G3 di LG è il primo televisore OLED che ho provato e che funziona ottimamente anche in ambienti luminosi.
Valutazione intermedia dopo la misurazione
Il G3 mi sembra subito più luminoso di qualsiasi altro televisore OLED che ho testato in precedenza. Più raggiante. Più potente. Più straordinario. Non solo a livello di valori, ma anche di percezioni. A questo si aggiungono gli eccellenti valori di color error che promettono immagini di un’incredibile fedeltà cromatica, senza necessità di calibrazione. E naturalmente il solito nero perfetto OLED. A livello teorico, LG è riuscita a creare un televisore che pone l’asticella molto in alto. Ma vediamo cosa succede nella pratica.
L’immagine: qualità da riferimento degna degli OLED con il consueto potente processore
Immagine molto luminosa. Eccellente fedeltà cromatica appena tolta dall’imballaggio, anche senza calibrazione. In teoria. Ma come siamo messi a livello pratico?
La resa cromatica
Per testare la resa cromatica di un televisore ricorro a «Guardiani della Galassia, Vol. 2». In particolare a questa scena: alla luce del tramonto il palazzo di Ego rifulge di un rosso saturo. C’è anche Drax, con la pelle verdastra ricoperta di tatuaggi rosso sangue. Rispetto al suo predecessore, il G3 di LG coglie meglio l’intenzione del regista di riprodurre l’estetica kitsch delle «ore d’oro» del pianeta. Anche i QD-OLED concorrenti di Sony e Samsung vanno nella stessa direzione. Tuttavia, il G3 è l’unico televisore tra quelli a confronto in cui le aurore boreali alla fine della scena sono di un verde vibrante che non viene fagocitato dall’oro del resto dell’immagine.
Ma facciamo qualche passo indietro. I colori delle immagini non devono sempre essere sfacciati. Ad esempio, in «James Bond – Skyfall», quando James e il giovane quartiermastro Q in un museo d’arte ammirano l’immagine di una vecchia e orgogliosa nave da guerra che viene ignominiosamente trainata verso la rottamazione. Naturalmente un’allusione all’agente segreto non più nel fiore degli anni. Già quando ho testato il modello precedente G2 avevo notato che la carta da parati sullo sfondo era di una tonalità di azzurro non realistica. La pelle, invece, aveva una innaturale sfumatura aranciata. Inestetismi che il G3 corregge prontamente: l’immagine risulta meno appariscente, ma più naturale. Proprio come voleva il regista. In fondo «James Bond» non è uno show della Marvel, bensì un cupo thriller di spionaggio che affonda le sue radici nel mondo reale.
Interessanti anche i confronti tra Samsung e TCL. Una mancanza particolarmente evidente nei Samsung è quella del formato Dolby Vision: le immagini in Dolby Vision di LG e TCL risultano piacevolmente calde, intense e al contempo naturali. Nel confronto diretto tra LG e TCL, propendo per il televisore sudcoreano di sinistra; in quello cinese di destra i contrasti sembrano eccessivamente accentuati.
Black Crush e ombre
Come si comporta l’ultimo OLED di LG nelle scene buie? Per questo test, mi servo della prima scena di «Blade Runner 2049». I televisori (QD-)OLED di LG e Sony sono meravigliosamente scuri. Se giri una scena in controluce, è normale che tutto il resto scompaia dietro a sagome nere. Ecco perché qui non si può parlare di Black Crush, ovvero di dettagli inghiottiti dall’oscurità. Nei modelli di LG, tuttavia, si nota chiaramente una sfumatura verde, mentre le immagini dei Sony e dei TCL appaiono molto più calde.
Facendo un confronto con il Mini LED di TCL capisci subito che cosa intendo per immagine OLED «meravigliosamente scura» di LG: l’immagine del TCL è troppo chiara e fa emergere dettagli che non dovrebbero esserci. Ciò è dovuto alla tecnologia che rende l’immagine LCD così luminosa: una benedizione rispetto alla maggior parte dei televisori OLED, se la guardi durante il giorno in una stanza con tanta luce, ma una maledizione se devi guardare scene buie in una stanza oscurata. Da non dimenticare, poi, il forte effetto blooming, una sorta di alone intorno agli oggetti luminosi su sfondo scuro. Guarda ad esempio le finestre.
Gradazioni di luminosità
Un ultimo test sull’immagine: le gradazioni di luminosità. È interessante notare come il G2 e il G3 interpretino in modo diverso la stessa scena: il modello più vecchio la rappresenta in modo molto più caldo e kitsch rispetto al G3. Il modello attuale, invece, punta su una resa cromatica mitigata, ma molto più naturale. Personalmente, trovo però che il pannello QD-OLED di Sony gestisca meglio le immagini luminose; a me sembrano più luminose e più naturali di quelle della concorrenza. Per quanto riguarda il sole sullo sfondo: nessun televisore nel video ha un vantaggio netto rispetto agli altri, è chiaramente visibile ovunque come una sfera nel cielo.
Processore: come sempre, di livello elevato
Il processore è il cervello del televisore. Il suo compito principale è quello di ricevere, elaborare e visualizzare i segnali delle immagini. Elaborare significa rilevare la cattiva qualità dell’immagine e migliorarla. Quelli di LG affermano che «Il META booster porta luminanza, fedeltà cromatica e riproduzione HDR allo stesso livello della percezione umana. Su uno schermo quasi due volte più luminoso di prima, la ricchezza di dettagli ti dà l’impressione di far parte dell’azione». Ma finalmente.
Lasciando da parte le iperbole del marketing, il processore ha comunque il compito di eliminare i rumori, intensificare i colori, smussare i bordi, rendere più fluidi i movimenti e aggiungere le eventuali informazioni mancanti sui pixel.
Motion processing e judder
Tanto per cominciare, voglio rendere la vita difficile al processore. In pratica il judder è un fenomeno presente in tutti i televisori. Soprattutto in presenza di lunghe panoramiche della telecamera. «1917» di Sam Mendes è pieno di questi movimenti di cinepresa costanti e lenti e quindi perfetto per testare il judder. Quando fai il confronto con altri marchi, cerca di notare se le barre verticali nella stalla scorrono in modo fluido nell’immagine o se «balbettano».
Anche quest’anno il processore Alpha 9 di sesta generazione di LG dimostra di che pasta è fatto: se imposto la chiarezza su «Immagine naturale», non c’è quasi traccia di judder. Nel secondo confronto il produttore giapponese Sony, invece, non interviene quasi per niente nella riduzione del judder. Per come la vede Sony, un film deve sobbalzare. Come succedeva una volta al cinema, prima dell’era digitale. Un po’ vecchio stile. Ma per me ci sono comunque troppi strappi.
Nel terzo confronto, entra in gioco il processore OLED Neural Quantum di Samsung. Ho ripreso l’immagine in modalità Filmmaker. Per impostazione predefinita, la riduzione del judder è completamente disattivata. Dopo averla aumentata da «0» a «7», il judder si nota ancora, se ci fai caso, ma non è mai eccessivo. Rispetto all’LG, l’immagine appare ora ancora più fluida. Mi piace.
La prossima scena è tratta da «1917». Ancora una volta il lavoro di Mendes con la cinepresa costituisce una sfida immensa per la maggior parte dei processori. Soprattutto dove ci sono bordi che si stagliano netti contro uno sfondo sfocato, per esempio intorno agli elmi dei due soldati. Qui, sia il processore che i pixel devono reagire in modo incredibilmente veloce.
Anche in questo caso il processore Alpha 9 di LG è impeccabile. Il processore di Sony segna ancora un po’ il passo.
Tempo di risposta dei pixel
Passiamo ora ai contenuti originali Apple: «For All Mankind». Voglio vedere quanto tempo impiega un singolo pixel a cambiare colore. Se questo non avviene abbastanza velocemente, ti sembrerà che l’immagine sia striata: questo fenomeno si chiama «ghosting». Quando la telecamera si sposta sulla superficie della luna, fai attenzione al testo visualizzato in basso a sinistra.
Qui nessuno dei televisori presenta debolezze. Al massimo l’LG, all’inizio, presenta un leggero ghosting che però si nota a malapena, quindi la valutazione è positiva. E non c’è da meravigliarsi: i televisori OLED hanno ottimi tempi di risposta grazie alla loro tecnologia. Ecco perché sono anche considerati fantastici monitor da gaming. Sotto questo punto di vista, i televisori LCD sono in svantaggio. Lo vedi alla fine del video, nel confronto con il mini LED di TCL. Per correttezza, voglio sottolineare che il confronto è con il modello C82, che ha più di due anni rispetto al G3 di LG. L’esempio è quindi solo a titolo esemplificativo. Il C92, successore di TCL, lo scorso anno è notevolmente migliorato in questo stesso ambito.
Upscaling
Passiamo ora a uno dei test più difficili: l’upscaling. Voglio vedere come il processore riesce a migliorare la qualità di fonti meno pregiate, come i Blu-ray o le buone vecchie trasmissioni in diretta. Oppure «The Walking Dead»: la serie è stata volutamente girata su pellicola da 16 mm, per creare la sensazione di un mondo post-apocalittico grazie alla granularità antiquata e al rumore dell’immagine.
Anche in questo caso, LG fa bella figura come al solito. Come al solito perché i processori LG, già negli anni scorsi, riuscivano a migliorare sorgenti di qualità inferiore in modo particolarmente efficiente. Infatti, nel video si vede una fonte HD con qualità SDR, i cui circa 2 milioni di pixel sono gonfiati fino a 8,3 milioni di pixel. Il processore di Sony riesce a offrire immagini molto più nitide. Per contro, l’LG non presenta quasi artefatti di compressione e fa molto meno rumore: ferma il video al minuto 00:16 e osserva l’area scura tra i due uomini per capire cosa intendo.
Il processore Neural Quantum di Samsung esce vincitore dall’ultimo confronto in questa scena: l’immagine ha contorni nitidi, è piacevolmente calda, ricca e comunque naturale. Inoltre, il rumore dell’immagine è quasi assente. Solo in termini di artefatti di compressione vedo LG in netto vantaggio.
Gaming: input lag e modalità Game
Anche quest’anno, LG vuole posizionare il proprio TV OLED come il miglior televisore da gaming sul mercato. LG ha sempre voluto essere apprezzata dai giocatori. Lo dimostra l’OLED Flex, un televisore di LG comparso all’inizio dell’anno che si incurva semplicemente premendo un tasto e che ha quasi fatto disperare il collega Samuel Buchmann. Il motivo era l’ABL.
Il problema dell’ABL è che può interferire con il gioco. Se sto giocando una partita in FIFA 23, ad esempio, a volte passano molti minuti prima che ci sia un intermezzo. Il software registra che la luminosità media resta quasi immutata e conclude che l’immagine è statica. Per proteggere il pannello, riduce la luminosità fino al punto che mi riesce difficile distinguere la palla. Per eliminare l’ABL, devo passare brevemente al menu di pausa. Nei precedenti modelli di televisori OLED di LG questo accadeva abbastanza raramente. Nel G3, invece, succede più spesso. Probabilmente perché la tecnologia META rende l’immagine più luminosa e di conseguenza l’ABL deve intervenire in modo più aggressivo per evitare il surriscaldamento e il burn-in.
Succede anche con altri giochi?
No. Non è successo neanche una volta. Durante le quattro settimane del test ho giocato per lo più a «Star Wars Jedi: Survivor» e «Spider-Man: Miles Morales». L’ABL non è mai intervenuto. E non c’è da stupirsi, visti tutti i cambi di scena e gli intermezzi. In confronto, la serie FIFA sembra essere un gioco molto più soggetto all’intervento dell’ABL.
E per il resto? Misurando la precisione cromatica nel «Game Mode» ottengo un Delta E medio di ben 4,44 (leggi il punto sul «Color error» più in alto, se ti interessa l’argomento in dettaglio). Non è il livello di un’immagine di riferimento. Ma è comunque uno dei migliori valori che abbia mai misurato in «Game Mode»: solo il C92 di TCL èha avuto un risultato migliore, con un dE di 4,19.
Per quanto riguarda l’input lag, ovvero il ritardo di inserimento, con il dispositivo di misurazione di «Leo Bodnar» ho misurato un input lag medio di ben 10,1 millisecondi in un’immagine UHD di 60 fotogrammi al secondo. Il televisore supporta anche tutte le funzioni più importanti per i gamer:
- 4 porte HDMI 2.1 (4K 120 Hz)
- Auto Low Latency Mode (ALLM)
- Quality Motion Smoothing (QMS)
- frame rate variabili (Nvidia G-Sync, AMD Freesync Premium e HDMI Forum VRR)
A tal fine LG – proprio come Samsung, Sony, Philips, TLC e Panasonic – ha stretto una partnership con molti importanti studi di giochi. Il risultato è HGiG – HDR Gaming Interest Group. Secondo il produttore, questo dovrebbe garantire che l’HDR venga visualizzato come voluto dagli sviluppatori del gioco. Ad esempio, giocando a «Spider-Man: Miles Morales» sulla mia Playstation 5.
Rispetto al modello precedente – ma anche agli altri produttori, tranne TCL – il G3 dimostra subito quale dei due televisori è in grado di riprodurre i colori con la maggiore accuratezza. Noto inoltre che il nero è davvero nero, i bordi sono nitidi e l’immagine non sfoca nemmeno quando la fotocamera si muove velocemente e a scatti. Osserva la sagoma scura di Miles in controluce, le texture dettagliate di una New York coperta di neve o i dettagli chiaramente visibili delle nuvole. È così che deve apparire un buon «Game Mode».
Grande! Come già l’anno scorso, LG offre nuovamente un sottomenu dedicato per effettuare direttamente regolazioni di precisione per il gaming e leggere il frame rate attuale. Molto importante: G3 di LG supporta senza problemi la modalità VRR a 120 Hz della PS5.
Smart OS: webOS
LG si affida al webOS, completamente rivisto nel 2021 e che da allora ricorda molto la vecchia versione di Google TV – cosa che non apprezzo. Il vecchio webOS era semplice ed essenziale. Premendo il tasto Home compariva solo una barra delle applicazioni nella parte inferiore dello schermo. Ora si apre un’intera finestra piena di icone. Sembra tutto molto pieno e sovraccarico.
Anche Google aveva questo problema. Dopo la cura disintossicante dello scorso anno, tuttavia, il suo sistema operativo è molto più lineare. Almeno con l’ultima versione – webOS 23 – LG ha eliminato le fastidiose e sempre sbagliate raccomandazioni di film e serie. Al loro posto c’è solo la grande finestra «Prova qualcosa di nuovo con LG webOS». Da qui si accede direttamente all’App Store.
Quindi compare la barra delle applicazioni, ovvero la barra più importante. Che adesso è la barra più piccola. Da qui devo scorrere verso il basso. È tutto molto fluido e reattivo, grazie al processore di qualità. Ma è altrettanto poco sexy quanto l’insieme di icone che mi mostra i dispositivi connessi, lo Smart Home Hub e chissà-cosa-altro-ancora.
Una piccola chicca: nel menu posso attivare la funzione che premendo il pulsante di standby il televisore non si spegne, ma passa alla modalità artistica. Qui posso scegliere di visualizzare un orologio, un quadro o un’immagine in movimento. In caso di scarsa energia e luminosità, si tratta di un’alternativa al buco nero rettangolare in mezzo al soggiorno rappresentato dal televisore spento.
Conclusione: ritorno ai vertici – ma per quanto tempo ancora?
La fine del dominio della tecnologia (W)OLED di LG, più vecchia ma anche più matura, potrebbe non essere così vicina come credevo un anno fa. Infatti, LG non si è messa solo al passo con la concorrenza: l’ha addirittura superata. Almeno i modelli dell’anno precedente.
È quello che definirei un ritorno su misura, che LG ha potuto fare soprattutto grazie alla nuova tecnologia META. Questa tecnologia è costituita da un lato dal Micro Lens Array, ovvero le microlenti convesse che consentono di raggruppare e incrementare la luce prodotta. Dall’altra parte da un algoritmo migliorato – il META booster – che aumenta in modo puntuale la luminosità massima. Tutto questo produce il televisore OLED più luminoso che abbia mai testato. Di gran lunga. E questo senza rinunciare ai perfetti valori di nero tipici degli OLED. A questo si somma un’eccellente fedeltà cromatica appena fuori dalla scatola, anche senza calibrazione. Un vero sogno.
Resta tuttavia da vedere se il G3 manterrà la sua posizione di leader di mercato fino alla fine dell’anno. A seguire la recensione dell’S95C di Samsung, il successore del primo QD-OLED dello scorso anno. Il rapporto sarà pubblicato probabilmente a fine luglio, al più tardi all’inizio di agosto. Vedremo se la concorrenza sudcoreana avrà o meno riposato sugli allori.
Immagine di copertina: Luca FontanaLa mia zona di comfort consiste in avventure nella natura e sport che mi spingono al limite. Per compensare mi godo anche momenti tranquilli leggendo un libro su intrighi pericolosi e oscuri assassinii di re. Sono un appassionato di colonne sonore dei film e ciò si sposa perfettamente con la mia passione per il cinema. Una cosa che voglio dire da sempre: «Io sono Groot».